L’arte della guerra virtuale di Battlefield, serie di videogiochi bellici sviluppati dalla svedese Dice, che sta per Digital Illusions Creative Entertainment. Gli sparatutto di guerra sono una versione hi-tech per adulti e adolescenti di attività ludiche per bambini, quando si giocava con le spade o i fucili di plastica. O con i soldatini. Possono non piacere ma è una cosa ipocrita, in un mondo che lucra sulle vere guerre, considerarli antieducativi. Abbiamo intervistato Manuel Llanes a Milano durante la Games Week; è il senior game designer di Battlefield 4, un romano di 35 anni che da nove lavora a Stoccolma per Dice.

Ci dici qualcosa sulla modalità single player di Battlefield 4?

La modalità per giocatore singolo è ricca di eventi. Può rimandare all’Odissea e racconta di una portaerei americana che si trova a dovere intraprendere un lungo viaggio di ritorno verso casa in una situazione di guerra tra Cina, Russia e Stati Uniti. Poi ci sono delle storie nelle storia che raccontano di quei personaggi, donne e uomini, che vivono in maniera soggettiva questa odissea. Si tratta dunque di una storia di rilievo, recitata da attori di talento, che giudico interessante a prescindere dalla modalità multiplayer.

Come lavorate per creare un dimensione bellica e militare realistica?

C’è un lavoro di ricerca e di studio, è raro ma possibile che ci avvaliamo di consulenti esperti. Soprattutto c’è molta fantasia, perchè è vero che c’è del realismo, ma sempre filtrato dalla lente del divertimento. Se davvero imitassimo l’esperienza bellica ci sarebbero cose noiose, o emotivamente troppo potenti, e noi preferiamo concentrarsi sul valore d’intrattenimento del gioco.

Ci sono film di guerra che ti hanno ispirato per Battlefield 4?

Per Battlefield 4 non in particolare, perché ho lavorato alle meccaniche ludiche e tecniche del gioco, come il funzionamento delle armi, dei veicoli o il movimento dei personaggi. In passato, per Bad Company, mi sono ispirato a Mash e Three Kings a causa degli elementi satirici che questi due film condividono con l’idea che avevamo del videogioco che stavamo sviluppando.

Credi che gli sparatutto di guerra siano apologetici della violenza?

Rimanendo nell’ambito del nostro gioco devo ammettere che soprattutto il multiplayer è estremamente forte, anche se non esageriamo con il sangue. Nello stesso tempo tuttavia è molto clownwesco e cartoonesco da giocare. Per esempio ci si può gettare da un palazzo, aprire il paracadute, entrare al volo in un elicottero, farlo schiantare su un carro armato, saltare fuori… Insomma fa ridere. Si tratta di un’esperienza rocambolesca e divertente, per questo è una negazione del realismo. Per quanto riguarda la storia, se negli altri episodi della serie siamo stati più ironici, nel terzo e quarto abbiamo costruito una trama che appartiene al genere del thriller. Non voglio anticipare troppi dettagli su Battlefield 4, ma contiene un messaggio di pace. Qualcuno ci ha contestato il fatto che trattiamo i cinesi come il nemico, ma non è vero perché questi sono sia avversari che amici e alleati.

Cosa ne pensa del lavoro di Hideo Kojima con Metal Gear? I suoi giochi sono di guerra e pacifisti insieme.

Hideo Kojima è venuto in visita numerose volte ai nostri studi. E’ sempre attento al lavoro degli altri studi di sviluppo. A me piace molto il suo stile narrativo, come infrange il muro tra le arti. Io amo i videogiochi e penso che vi si trovi la dimostrazione di tanto talento, dai videogame indipendenti a quelli sviluppati per gli smartphone, fino alle superproduzioni.

I tuoi giochi preferiti?

Nell’ambito in cui lavoro apprezzo molto The Sims e Fifa. Ma se devo scegliere qual è il mio gioco preferito allora è Dark Souls. Poi ci sono i bellissimi The Walking Dead e The Last of Us.

Il rapporto tra i tuoi figli e i videogiochi?

Noi abbiamo due gemelli di sei anni, maschi. I videogiochi che li divertono di più sono quelli in cui cooperano, più di quando si affrontano come avversari. Per esempio quando giocano in quattro a Minecraft, insieme con i bambini dei vicini, li vedo esprimere una creatività che considero fantastica. Poi amano giocare anche a qualche videogame in cui si spara, ma sempre quelli più fantasiosi. Io ho fatto vedere loro di tutto, compreso Dark Souls, spiegando il suo ambito narrativo e ludico. I bambini distinguono molto bene la realtà dalla fantasia. Più i giochi sono ricchi di creatività più li appassionano. E’ giusto che i bambini si divertano con giochi fisici e veri, ma anche con i videogiochi, quando questi sono opere ricche di idee e qualità.