Di baciare il Caimano non se ne parla proprio. Il punto, per Luigi Di Maio e il suo Movimento 5 Stelle, è se e come lasciare che il Caimano si inabissi. Il timore è che riemerga a governo insediato, con il centrodestra nient’affatto rottamato, diviso in parlamento ma ancora in sella in diverse regioni. Dopo settimane di attesa e la paura inconfessata del voto, per gli eletti grillini arriva il giorno chiave, quello che potrebbe portare al governo con la Lega.

Al senato si tiene una sessione di motivazione tenuta dallo psicologo Roberto Giacomelli. «Con la crisi non chiama più nessuno – racconta il professore – Ma questo gruppo parlamentare è come una grande azienda». Vietato fare battute su analogie berlusconiane. «Eppur si muove», scrive allusivamente in un post il deputato Carlo Sibilia. I giochi sono ripartiti, la corsa alle urne può attendere per qualche giorno che risulterebbe decisivo per far slittare il voto chiesto a luglio. Non hanno più fretta, i pentastellati. Ma ci tengono a dire che il travaglio è tutto tra Salvini e Berlusconi. Perché, spiega l’ex padano Gianluigi Paragone, «è come a Wimbledon: noi abbiamo fatto la nostra partita e aspettiamo di conoscere il risultato del match nel campo vicino». Fuori di metafora, quella di Paragone è la versione concordata con i vertici, la stessa che Di Maio ripete dal mattino. Si scarica ogni responsabilità dell’eventuale fallimento dell’accordo alle indecisioni della coalizione di centrodestra. «Abbiamo chiesto al presidente Mattarella altre 24 ore – dice Laura Castelli – Se il centrodestra non riuscirà a risolvere i propri problemi interni noi siamo prontissimi ad andare al voto».

Nella realtà, il M5S ha sradicato qualche paletto. In mattinata Di Maio aveva mandato un segnale, precisando di non considerare Berlusconi il responsabile principale dello stallo istituzionale. Da Forza Italia arriva la richiesta di un «riconoscimento politico» che secondo i desiderata dei berlusconiani dovrebbe giungere dal capo politico dei 5 Stelle. La materia è incandescente, il filo della trattativa sottile. A metà pomeriggio Sestino Giacomoni, uno di quelli che con Berlusconi lavora a contatto fin dalle origini di Forza Italia, si intrattiene a lungo con due deputati M5S: sono l’ex vicedirettore del Tg5 Emilio Carelli e Vincenzo Spadafora, molto ascoltato da di Di Maio.

Lo schema che ha aperto la strada verso Palazzo Chigi prevede che Di Maio incassi l’accordo con la Lega. Tutto ciò con l’ok di Berlusconi. «Se la situazione si sbloccherà sarà grazie alla nostra caparbietà e alla trasparenza e umiltà di Luigi Di Maio», scrive su Facebook Manlio Di Stefano. Si riferisce al passo di lato del suo leader. Inutile indagare sull’identità del presidente del consiglio. I grillini non gradirebbero né Salvini né Giorgetti, che i berlusconiani apprezzerebbero come garanzia. Ma di nomi non se ne fanno: «Siamo ancora al primo step, alle clausole preliminari», dicono dal M5S. E a tarda sera Di Maio conferma: «Non pensate che tra 24 ore ci saranno i nomi della squadra di governo e il contratto. Domani vedo Salvini, ci siederemo al tavolo e inizieremo a parlare di temi, dopo parleremo di nomi».

Stefano Buffagni, ex consigliere regionale lombardo che Di Maio ha portato a Roma in qualità di ambasciatore col mondo delle imprese del nord, ostenta prudenza. Dice che non basta che Berlusconi si faccia da parte, giura che bisogna ancora capire se si troverà convergenza sui temi, ricorda che il M5S ha messo tre cose in cima alla lista delle priorità : legge Fornero, reddito di cittadinanza e provvedimenti anticorruzione. Però poi non si trattiene, tira fuori il telefonino e mostra ai giornalisti il grafico dello spread che crolla dopo la notizia delle trattative tra grillini e Lega. «È fantastico, questo ti dà l’idea della situazione», esclama.

Di Maio incassa il sostegno di Alessandro Di Battista, che nonostante gli attacchi feroci a Matteo Salvini dice a chi incontra: «Meglio lui del Pd». E il leader pentastellato e modifica in corsa la sua agenda. Oggi resterà a Roma: annullati gli appuntamenti a Parma e Imola. La riapertura della campagna elettorale non è più all’ordine del giorno.