La poetessa bostoniana Elizabeth Bishop ha definito la Florida «lo stato dal nome più grazioso» nei versi dedicati a quella terra del sud-est statunitense dove visse per alcuni anni. Per lei come per Lauren Groff, il fascino di questa punta estrema degli Stati Uniti sta nella potenza primordiale e infida di flora e fauna, in un ambivalente intreccio di vita e morte che attrae e respinge. C’è infatti ben poco di grazioso negli undici racconti di Florida (traduzione di Tommaso Pincio, Bompiani, pp. 320, € 19,00), il libro con cui Groff torna in libreria dopo il successo internazionale di Fato e furia, il suo romanzo più recente pubblicato anch’esso da Bompiani.
In Florida Groff mette da parte l’immagine turistica fatta di sole, spiagge tropicali e movida riassunta nel soprannome dello stato, «The Sunshine State», e lo ritrae dalla prospettiva di personaggi inquieti, soprattutto femminili, che proiettano su quella terra angosce e apprensioni per il futuro di «quel grande disastro che è il mondo».

I reclami della natura
Le storie portano nelle strade di quartieri borghesi dove sono in agguato pericoli e minacce, su isole selvagge dove natura e soprannaturale si confondono, nell’occhio di un uragano, in interni di famiglie in bilico fra unità e disgregazione, fra i senzatetto e alla deriva con una studentessa che ha perso la borsa di studio, nel mondo fragile di bambini abbandonati o perplessi davanti ai comportamenti degli adulti.
Nel primo racconto una donna sfoga le sue paure in lunghe camminate notturne, spia le vite altrui e le racconta in un monologo veloce infarcito di commenti estemporanei sulla condizione del pianeta, lo sciogliersi dei ghiacciai, l’immondizia nel Pacifico e la scomparsa di centinaia di specie – riflessioni en passant di una mente angosciata nel freddo invernale e nel caldo appiccicoso dell’estate, in un ambiente dove tutto sembra sgretolarsi e svanire, come i piccoli cigni mangiati da una lontra davanti agli occhi dei figli.

Alcuni indizi ci dicono che questa figura di donna torna più volte nella raccolta: è una madre apprensiva e sempre in tensione, ossessionata dalla paura di non saper accudire i suoi due figli, una scrittrice in cerca di temi rilevanti per il suo tempo. La notte vaga insonne e in ansia per le «cose terribili» che accadono nel mondo, controlla che porte e finestre siano chiuse. La ritroviamo nell’ultimo racconto, «Yport», dislocata in Francia, sulle tracce di Guy de Maupassant per scriverne una biografia, e in «Cacciatori di fiori» nella notte di Halloween – due figure analoghe, sopraffatte da un senso di imminente catastrofe che la prima argina con la fuga oltreoceano e nella letteratura, la seconda immergendosi nelle seducenti ed erotiche descrizioni della Florida di William Bartram, il botanico-esploratore che la visitò nel 1774.
Torna anche in «Storie di serpenti», afflitta dai cambiamenti nell’ecosistema: «Pensavo al mondo che erediteranno i miei figli, alle nuvole di farfalle monarca che non vedranno, al suono sottomarino, che non sentiranno, delle bocche dei minuscoli pesci che mordicchiano la barriera corallina viva». La riflessione è interrotta dall’immagine di un airone che pesca un serpente d’acqua, lo uccide e ne ingoia la metà ancora viva e sanguinante.

Scene simili illustrano gli equilibri naturali dell’ecosistema, ora alterato dagli umani. I quali sono ritratti come presenze aliene in un ambiente dove la natura reclama il suo dominio contrapponendosi alla tranquilla vita domestica cui le madri di Groff aspirano. Nella sua Florida, la natura sembra voler riaffermare la propria supremazia sull’Antropocene. Ogni presenza organica nelle paludi – alligatori, insetti, uccelli, mangrovie – dà forma alle ansie dei protagonisti, che si sentono spiati e controllati da esseri in agguato pronti alla riconquista.

Rapporti ambivalenti
La Florida di Groff, più che un luogo di parchi tematici e turismo di massa, è dunque uno stato d’animo, un microcosmo e il teatro su cui si rappresentano gli psicodrammi dei personaggi e l’immagine di un mondo in procinto di implodere. È, si legge in un racconto, un «Eden di cose pericolose», un luogo di rapporti ambivalenti. Di queste ambivalenze sono spesso vittime i serpenti, amati o odiati maniacalmente, come se una maledizione biblica tornasse ad accanirsi su di loro. Figurazioni classiche del male, riempiono le menti dei protagonisti, determinano le dinamiche familiari, sono respinti negli acquitrini o uccisi violentemente. In questa diatriba fra umano e non-umano, Groff passa magistralmente da una categoria all’altra, dagli occhi bitorzoluti degli alligatori spalancati sugli abitanti, agli abitanti che avvertono la moltitudine di carnivori e zanzare «assetate di sangue» e dei predatori striscianti sotto i piedi e nell’acqua insidiosa.
In «La zona di mezzanotte» la madre, rimasta per due giorni sola con i figli in un rifugio perso nella sterpaglia dove pare si aggiri un puma, avverte qualcosa che li tiene d’occhio, il felino o forse un terrore interno che la porta a inventarsi strategie di sopravvivenza in un susseguirsi di colpi di scena.

Il rapporto ambiguo con la natura è interpretato da Jude, in «Agli angoli immaginari della terra rotonda». Cresciuto ai margini di una palude che ribolle di rettili, in una casa battuta dal sole rovente e dal «fetore infernale dei serpenti» perché il padre era un erpetologo folle che riempiva le stanze di esseri striscianti, torna da adulto a vivere in quell’oasi naturale della Florida, si rifiuta di vendere all’università in espansione l’ultimo pezzo del suo terreno e, così, paradossalmente, protegge gli odiati animali che gli avevano condizionato la vita. Altrove una donna sfida titanicamente la forza di un uragano. «Fatti sotto!», grida alla prima raffica che fa rabbrividire il prato e il giardino, uccide le sue galline e fa venire la pelle d’oca al lago. Chiusa nel bagno sorseggiando vino immagina conversazioni con il padre morto e un suo ex. La sua resistenza al non-umano è compensata nel finale quando, nella devastazione, vede un’inattesa promessa di rinascita.
Groff costruisce queste trame con un crescendo di tensione finché, quando ormai ci si aspetta il peggio, la rotta s’inverte, spesso spingendo i personaggi in un futuro dal quale ricordano gli eventi narrati nelle storie. Le fiabe, classiche o inventate, entrano spesso in questo ricco tessuto narrativo come stratagemmi per superare momenti di terrore o smorzare la tensione.

Ricercatezze lessicali
La passione di Groff per la poesia ha certo un ruolo nella musicalità della sua prosa che rende la lettura di questi racconti attraente anche dal punto di vista linguistico. Il merito va al traduttore per aver saputo affrontare un tessuto narrativo dalle mille sfumature e un lessico particolarmente ricercato. Il procedimento ellittico, l’accorta scansione delle frasi, le anafore, i giri di brevi strofe ritmiche rendono Florida un libro elegante e sensuale, una sensualità data anche dall’intenso fluire di una scrittura che presuppone la giusta intonazione.