Tra le riforme rimaste appese al filo di queste legislatura, c’è il ddl sulla cittadinanza per i figli degli stranieri nati in Italia, fermo da oltre un anno al Senato e zavorrato da circa 8mila emendamenti dopo l’approvazione da parte della Camera con 310 voti favorevoli, la contrarietà di Lega, Forza Italia e l’astensione del M5S. Le modifiche alla legge 91 del 5 febbraio 1992, entrata in vigore il 15 agosto successivo, prevedono che i figli nati da coppie straniere su suolo italiano possano godere della cittadinanza italiana se uno dei due genitori sia in possesso del permesso di lungo soggiorno, mentre i minori entro i dodici anni d’età accompagnati e non, sono cittadini italiani dopo aver completato un ciclo scolastico della durata di almeno cinque anni. Per quelli invece che hanno superato il dodicesimo anno d’età, la cittadinanza italiana è acquisita dopo un ciclo scolastico e parallelamente sei anni di residenza consecutivi, con l’ulteriore requisito del permesso di lungo soggiorno di entrambi i genitori.

#Annonuovoleggenuova, si chiama così l’ultima campagna realizzata dai ragazzi e dalle ragazze del gruppo informale «Italiani senza Cittadinanza», che fino al 31 dicembre diffonderanno attraverso la loro pagina Facebook autoscatti a sfondo natalizio per ricordare al Senato l’importanza dell’approvazione del ddl in tempi brevi. Un messaggio che al momento è rimasto inascoltato, lasciando in sospeso le vite di quasi 800mila alunni stranieri che frequentano le scuole italiane – principalmente minori – e altri 150mila giovani adulti oltre i 25 anni.

La ventitreenne italo-brasiliana Kwanza Musi Dos Santos, tra le fondatrici del gruppo – la quale gode dei diritti civili e politici grazie alle origini italiane della madre – non può che constatare la sua delusione nonostante le tante rassicurazioni ricevute: «Il 13 ottobre eravamo stati ricevuti dall’allora presidente della Commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro, insieme alla relatrice del ddl Doris Lo Moro (Pd), la deputata Monica Cirinnà (Pd) e la senatrice Loredana De Petris (SEL/SI). Come delegazione della rete “Italiani senza Cittadinanza” avevamo chiesto di approvare la riforma al Senato entro l’anno, anche se gli esponenti del Pd ci avevano fatto presente che sarebbe stata sicuramente rimandata dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre».

A complicare ulteriormente il quadro è la mancanza di un presidente della Commissione Affari costituzionali dopo la nomina della Finocchiaro a ministro dei Rapporti col parlamento: «L’onorevole Finocchiaro ci assicurò che la legge sarebbe stata calendarizzata dal 6 dicembre in poi, ma ormai non abbiamo più contatti con lei – afferma la Dos Santos – e al momento l’unica referente è la senatrice Lo Moro a cui abbiamo chiesto un incontro con tutti i capigruppo di Palazzo Madama, ma non abbiamo ancora ricevuto risposta».

Oltre ad essere senza cittadinanza, i giovani adulti nati da coppie straniere sono rimasti senza voto: «Agli italiani senza cittadinanza è stato negato il diritto di votare e scegliere per la Costituzione che vivono ogni giorno sulla loro pelle» ricorda Fioralba Duma, che ha lasciato l’Albania nel 2001 – aveva 11 anni – insieme alla sorella e alla madre per raggiungere il padre, imprenditore edile specializzato nelle ristrutturazioni e nelle decorazioni in gesso e cartongesso, arrivato a Roma un anno prima. Il suo sogno era quello di frequentare un’università migliore rispetto a quella albanesi, un paese, dice, in cui «la corruzione soffoca ogni possibilità di crescita». Per Fioralba è paradossale che il referendum costituzionale sia stato utilizzato come scusa per rinviare il voto su «una legge che ci riconoscerebbe per quello che siamo, italiani che si sentono tali, nati e cresciuti qui». Compiuti i 18 anni, per Fioralba è iniziata la trafila burocratica che dura ancora oggi: «Da otto anni sono costretta a rinnovare il permesso di soggiorno ogni 24 mesi, presentando tutta la documentazione. Nel 2017 spero di ottenere la carta di soggiorno, ovvero il permesso a tempo indeterminato rilasciato solamente se dimostri di avere un reddito annuo di 6.256 euro».

Un reddito recepito esclusivamente attraverso lavori regolari, che non tutti gli stranieri nati o cresciuti in Italia riescono ad avere: «Conosco molti ragazzi e ragazze che lavorando in nero e si iscrivono all’università per ottenere il permesso di soggiorno per motivi di studio, senza però frequentare o dare esami».

È invece prossimo alla laurea Xavier Palma, che ha 23 anni e vive a Como dal 2006, quando la famiglia decise di lasciare per motivi di sicurezza il San Salvador: «Come tutte le famiglie del ceto medio eravamo esposti alla violenza delle “Malas”, ovvero i gruppi della criminalità organizzata salvadoregna». Xavier, così come Fioralba, ha subito il voto sulla riforma costituzionale: «Purtroppo persone che magari non si sono nemmeno informate hanno deciso per me. Se io non voto vuol dire che ci sono altri che lo fanno al posto mio e io che mi sento italiano, perché condivido i valori della Costituzione, mi rendo conto che con quel voto stanno decidendo chi sono io».

Al disagio di questa condizione si aggiunge il timore di una non risoluzione del problema: «Se la legislatura finisce anticipatamente, la riforma muore. Ci vuole coraggio per vivere in un paese in cui si è cresciuti e non si viene riconosciuti. Viviamo una situazione politica in cui tutti vogliono il cambiamento e io che credo che questo sia nei giovani, che domani saranno quelli che pagheranno le pensioni agli anziani, che sceglieranno e formeranno anche la futura classe dirigente».