Affrettarsi, ma con calma. C’è l’urgenza della riforma del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Ma c’è anche l’incrocio con la sessione di bilancio in parlamento. E così la ministra della giustizia e la maggioranza non possono che di ricorrere alla saggezza dell’imperatore Augusto. Più che correre, prepararsi a correre. Bisogna fare in modo che il nuovo sistema di voto per la componente togata del Csm sia pronto per le elezioni di luglio 2022, perché troppo grave sarebbe rinnovare il Consiglio con la vecchia legge che ha favorito il «sistema Palamara». D’altra parte non si può discutere una legge, sia pure una legge delega come quella di riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, che comporta nuove spese, durante l’approvazione del bilancio. Dunque c’è solo una finestra, a dicembre, alla camera, per approvare in commissione i necessari emendamenti al disegno di legge Bonafede. La ministra ha un mese di tempo per presentarli. Poi, da gennaio 2022, bisognerà correre sul serio: le nuove regole dovranno essere approvate e pubblicate in Gazzetta ufficiale per l’inizio della primavera prossima. Il Csm ha bisogno di qualche settimana di tempo per adeguare i suoi regolamenti alle novità. Ieri i rappresentanti della maggioranza chiamati a un primo giro di tavolo dalla ministra si sono trovati d’accordo su questa tempistica. E su poco altro.

C’è stato chi, come il rappresentante di Forza Italia Zanettin e il leghista Turri, è tornato a riproporre la soluzione del sorteggio – più o meno temperato – che però appare ormai una strada senza uscita. Ma anche a togliere dal tavolo quella che resta una soluzione a rischio di incostituzionalità, le preferenze dei partiti non convergono. Il Pd ha messo agli atti, da tempo, una proposta di legge di impronta maggioritaria. Che però è assai diversa da quella suggerita dalla commissione di studio insediata prima dell’estate dalla ministra Cartabia e presieduta dal costituzionalista Luciani. Commissione che nel suo documento conclusivo ha indicato la preferenza per un sistema proporzionale con il voto singolo trasferibile che potrebbe servire a limitare il peso delle correnti della magistratura nella scelta dei consiglieri togati.

Vero è che quella proposta di riforma complessiva del Csm prevede anche una modifica costituzionale, dunque con tempi diversi e più lunghi, per arrivare alla novità del rinnovo parziale del Csm (votazioni ogni due anni per metà Consiglio) e di un vice presidente non eletto ma nominato dal capo dello Stato (che è anche presidente dell’organo). Ma la scadenza elettorale di luglio 2022 costringe a procedere con un passo doppio: nei prossimi mesi si farà quel che si può, poi si proverà a fare quel che si deve.

Certamente si deve, hanno ricordato ieri mattina alla ministra i rappresentanti del Pd, sottrarre all’autogoverno della magistratura la funzione disciplinare, così da chiudere per sempre le polemiche su una giustizia interna delle toghe troppo morbida. L’idea è quella antica – rilanciata di recente da Violante – di una “alta corte” fuori dal Csm. Serve però anche in questo caso una riforma costituzionale che, spiega il relatore del disegno di legge di riforma Walter Verini, Pd, «può essere completata negli ultimi mesi della legislatura o almeno avviata lasciando il testimone alla prossima». La ministra ieri avrebbe dato segnali di interesse per la proposta.

Nel frattempo una soluzione intermedia può essere quella di aumentare il numero dei componenti del Csm: quattro togati in più (da 16 a 20) e due laici in più (da 8 a 10) così da facilitare, tra le altre cose, la separazione tra i componenti la sezione disciplinare e i componenti delle altre commissioni consiliari, prima fra tutti quella che propone gli incarichi direttivi. Ma siamo appunto solo alle prime battute.

Cartabia ha un mese di tempo per arrivare agli emendamenti governativi. Intanto ieri ha visto fino a tarda sera anche l’Associazione nazionale magistrati, arrivata in via Arenula con il segretario Casciaro e la vice presidente Maddalena. Incontro, anche in questo caso, interlocutorio. Anche nell’Anm, del resto, le idee sulla legge elettorale migliore divergono. C’è chi tifa per il maggioritario (Magistratura indipendente), chi per il proporzionale (Area e Unicost) e persino chi insiste con il sorteggio (articolo 101)