Un’eremita alla ricerca di Dio immersa nel mondo e nella storia. In questo apparente ossimoro c’è la vita di Adriana Zarri, monaca laica, teologa, scrittrice di densa profondità e acuta forza polemica, protagonista del rinnovamento conciliare e post conciliare della Chiesa cattolica e delle battaglie per i diritti civili perché, diceva, «non si tratta di relativizzare la propria fede, ma deve essere relativizzata la nostra presunzione di imporla agli altri».
Per quarant’anni collaboratrice del manifesto, grazie a Rossana Rossanda, con cui nacque un’amicizia lunga una vita. Nel dicembre 1980 le propose di cominciare a scrivere per il giornale che intendeva affidare «spazi fissi ad alcune persone che non sono ‘noi’ ma di cui ci preme una presenza costante»: così iniziò una collaborazione che andrà avanti fino al 2010, durante la quale parlò di Chiesa, di teologia, di politica e società, con libertà e spirito critico.
Ad Adriana Zarri, morta novantenne dieci anni fa – il 18 novembre 2010 -, è dedicato un libro di Mariangela Maraviglia (già autrice di importanti volumi su don Mazzolari e padre Turoldo) che per la prima volta ne ricostruisce la biografia, attingendo a una vasta mole di fonti edite e inedite: Semplicemente una che vive. Vita e opere di Adriana Zarri (il Mulino, pp. 220, euro 20).

L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA nelle campagne di San Lazzaro di Savena, Bologna, i precoci interessi letterari e teologici, la militanza «ortodossa» nell’Azione cattolica – sua una dura requisitoria, datata 1941, contro il ballo, occasione di «piaceri illeciti» -, la scelta della vita religiosa nella Compagnia di San Paolo. Poi la decisione di lasciare la congregazione per condurre una ricerca teologica libera e aperta che la porta, negli anni Cinquanta, a dialogare con importanti personalità del cattolicesimo più aperto del tempo – Mario Gozzini, Nando Fabro, Ernesto Balducci, Divo Barsotti -, a collaborare con giornali e riviste, a scrivere i primi romanzi – Giorni feriali e L’ora di notte. Nella stagione del rinnovamento conciliare seguiranno le prime innovative opere teologiche: Impazienza di Adamo. Ontologia della sessualità, una riflessione sulla «realtà immensa» della sessualità umana per liberarla dalla tradizionale negazione «semi manichea» che la considerava «l’onta dell’uomo»; e Teologia del probabile che, spiega Maraviglia, «disponeva davanti al lettore un intero cantiere di lavoro»: la riforma liturgica, il problema dell’indissolubilità civile del matrimonio, il ruolo dei laici nella Chiesa non subalterno al potere clericale, l’abbandono delle strutture temporali e dei connubi con il potere politico.

UNA RICERCA fuori dagli schemi, come testimoniano le polemiche anche contro alcuni «monumenti» del progressismo cattolico: don Milani, che accusò di «settarismo e fanatismo» – basandosi però su una fonte fallata: un’intervista apocrifa a Milani di Pierfrancesco Pingitore per il periodico fascista Lo Specchio -; e la Comunità dell’Isolotto di don Mazzi, a cui rimproverava la riduzione di Gesù a un «nobilissimo rivoluzionario» e l’omissione di ogni riferimento al «Regno dei cieli».
All’inizio degli anni ’70 la scelta dell’eremo: prima al Castello di Albiano di Ivrea, poi alla Cascina Molinasso nel Canavese, infine nella meno isolata Ca’ Sassino, a Strambino, Torino – ma circondata da piante, fiori e animali domestici e da cortile – , dopo una violenta rapina subita nel 1984.
Scelta di vita solitaria, ma non di solitudine, come dimostrano la partecipazione alle battaglie per il divorzio e per l’aborto, la presenza alle iniziative del Sae – Segretariato attività ecumeniche -, della Pro Civitate Christiana di Assisi e ai convegni organizzati da don Benedetto Calati a Monte Giove – insieme a Rossanda, Ingrao, Tronti -, la collaborazione con Michele Santoro a Samarcanda.

LONTANA DALLA CHIESA trionfante di papa Wojtyla, il suo ultimo romanzo – Vita e morte senza miracoli di Celestino VI – ha come protagonista un parroco di campagna diventato papa che restituisce il Vaticano all’Italia, va a vivere in un modesto appartamento e riforma la Chiesa dei poveri.
«Un’esistenza quella di Adriana Zarri – scrive Maraviglia – vissuta nel segno di una persuasione e di una radicalità che l’ascrivono di diritto alla costellazione delle donne ’assolute’, ’imperdonabili’, di cui si sono arricchite la storia e la letteratura del Novecento».