Claviers è un piccolo comune del Var, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, incastonato nelle colline e nel verde che lo circondano. In quel paesino Claire Simon è cresciuta, è andata a scuola, ha girato un film (800 kilomètres de différence/Romance, del 2001) con protagonista la figlia quindicenne Manon, giunta per le vacanze estive da Parigi e innamoratasi del coetaneo Grégory, figlio del panettiere. «Oggi la panetteria non c’è più», dice la cineasta nell’intimo, notturno, materico e sospeso incipit di Garage, des moteurs et des hommes (in concorso a Filmmaker di Milano). La sua voce off ci dà quelle informazioni sopra citate e aggiunge: «Quando torno qui, nel corso degli anni, non riconosco più tante cose, penso a chi non c’è più. Le case ci sono sempre, ma il paese è frequentato da vacanzieri e pensionati: vengono per riposarsi, non per vivere».
Mentre esprime questi ricordi e pensieri, cammina di notte, in abito rosso, per le strade, i vicoli in salita e discesa, la piazza con i tavolini del caffè, gli alberi, le mura antiche, qualche cliente o passante in lontananza. Luci tinte nel nero, nel giallo dei lampioni che illuminano facciate di case e pavimento stradale. Ogni tanto si ferma, osserva, inquadra il posto dove c’era la panetteria, i segni lasciati dall’insegna tolta. Sono poche inquadrature con le quali Claire Simon traccia coordinate del presente e della memoria di un luogo. Si tratta di una camminata «atemporale» che porta la regista a raggiungere l’ambiente da cui, salvo qualche «escursione» negli immediati dintorni, il film non si allontanerà più: un garage situato ai bordi di una strada. Christophe, sposato e con un figlio piccolo, ne è il proprietario; Romaric, fidanzato con una ragazza che aiuta a fare le pulizie, è il giovane apprendista meccanico.

AFFERMA Simon, a conclusione del «riassunto» iniziale, che «il garage è diventato il posto di tutti; tutti vuol dire gli uomini, a volte le donne fanno capolino». E lei consacra a quello spazio ristretto, è un’officina piccola e a conduzione familiare, a chi vi lavora e alle tante persone che vi transitano portando a riparare automobili e motociclette, un intero film, lieve e profondo, nato come episodio della serie televisiva francese L’heure D, in onda dal 2015 e composta di documentari d’autore per uno sguardo sulla società contemporanea. Ottimo esempio, Garage, des moteurs et des hommes, di come si possa realizzare un testo per la televisione e su commissione evitando stereotipi e trappole narrative. Claire Simon (alla quale Filmmaker aveva dedicato una retrospettiva, con la pubblicazione di un volume, nel 2008) dà al film il ritmo e il battito dei suoni provenienti dagli oggetti di lavoro, li rende parte di una colonna sonora che, a sua volta, possiede tocchi musicali che amplificano il rumore degli attrezzi del mestiere. Una sorta di sinfonia metallica, mentre le immagini restituiscono lo sguardo curioso e minuzioso della regista che si aggira all’interno e all’esterno del garage filmando i corpi degli uomini al lavoro, le macchine smontate, i clienti con i loro problemi, le chiacchierate che ogni tanto esulano dall’ambito lavorativo.

OLTRE, al di là della strada, poco distante e immensa, c’è la natura delle Alpi provenzali, che sembra inghiottire quel paese minuscolo e spopolato. Come si vede nell’inquadratura finale che si allontana dal set privilegiato e dal paese per contestualizzarli nella geografia del posto. Il particolare e il totale dialogano nella messa a punto di una fluida e dinamica testimonianza del reale.