Il caro dei prezzi delle materie prime energetiche e il blocco delle catene di fornitura a livello mondiale avvenuto dopo la «ripresa» dell’economia dai lockdown per contenere il Covid potrebbero portare a un aumento dei prezzi nel 2022. Secondo uno studio condotto da Bankitalia sulle aziende fra novembre e dicembre del 2021 già oggi le aziende hanno rivisto significativamente al rialzo i listini nell’ultimo trimestre del 2021, e le loro aspettative sull’inflazione al consumo sono salite ben oltre la soglia del 2 per cento. La dinamica della domanda resterebbe robusta, ma l’aumento del costo dell’energia e la risalita dei contagi provocati dalla variante Omicron del Sars Cov 2 può mettere a rischio il rimbalzo dell’economia italiana nei primi tre mesi del 2022 e colpire oltre il 50 per cento delle imprese. Il rischio per ora più concreto è l’aumento record delle bollette. Circola da giorni una nuova stima tra i 30 e i 35 miliardi di euro di aumento in un solo anno delle spese aa carico sia dei consumatori che delle imprese (ieri Standard & Poor’s). Unioncamere oggi spiega che gia’ nel 2021 le piccole medie imprese hanno pagato il 13,3% in più rispetto al 2020 per le bollette di elettricità, gas, acqua e rifiuti, ma che l’aumento è stato dovuto prevalentemente alle prime due. In pratica i profitti legati alla «ripresa» sarebbero usati per pagare le bollette. Una prospettiva che rivela quanto fragile sia la «crescita» nel capitalismo pandemico, un elemento strutturale perlopiù trascurato dalla ricerca di una «normalità» difficile da restaurare.

IL GOVERNO boccheggia in questa situazione. Non sono bastati i quasi 4 miliardi stanziati dalla legge di bilancio per calmierare i prezzi delle bollette in arrivo. Servono molti altri soldi e i partiti della maggioranza Frankenstein da giorni fanno a gara a chiedere a Draghi e al ministero dell’Economia un maxi scostamento bilancio pari al costo solo preventivato dell’aumento energetico. La Lega si è messa in pole position e ha tirato l’altro ieri la volata ai Cinque Stelle. Alla compagnia ieri si è unito anche il Pd, «Servono sostegni ai settori più colpiti della manifattura energivora e delle piccole e medie imprese anche prevedendo uno scostamento di bilancio, destinando in modo strutturale i proventi delle aste Ets e chiedendo una compartecipazione ai costi da parte dei produttori che stanno realizzando extra-profitti dall’aumento esponenziale del prezzo del gas» ha detto la responsabile ambiente del Pd Chiara Braga. Nella competizione tra i partiti in vista del voto per il Colle l’allineamento del Pd alle richiesta di Cinque Stelle e Lega è stata schernita da Salvini che ha evidenziato il ritardo della proposta. A parte l’idea condivisa da tutta la maggioranza, quella di Draghi che ha ipotizzato una tassa ai produttori di energia per pagare le bollette, il problema è l’entità dello stanziamento. Al Mef e Chigi non ci sarebbe l’intenzione di fare un altro scostamento di bilancio, come se la crisi fosse passata e la «ripresa» sarà continua e irreversibile. Si parla di due miliardi, mentre la richiesta è addirittura di 30. Prima della (sua?) elezione al Quirinale Draghi dovrebbe trovare una sintesi in un decreto che potrebbe arrivare la prossima settimana o a fine mese. Nelka massima confusione ieri la presidente della Commissione Ue Von Der Leyen ha aggiunto un peso da novanta: nucleare e gas naturale. «Ne avremo bisogno fino a che non ci saranno sufficienti energie rinnovabili». E in Italia è ripartita la grancassa nuclearista di Salvini, mentre Grillo dal suo blog diceva il contrario.