Cuba è uno dei paesi meno «connessi» del pianeta. Secondo le statistiche solo il 25 per cento della popolazione cubana dispone di una connessione a Internet. Come termine di paragone, in Italia la percentuale è del 75 per cento. Il governo negli ultimi anni ha fatto qualche sforzo per garantire ai cubani l’accesso al web: nei parchi cittadini ci sono reti wi-fi e sono stati aperti diversi internet café. Tuttavia, anche in questi luoghi la connessione è troppo lenta e dispendiosa.

Un’ora di navigazione costa un dollaro in un paese in cui il salario medio mensile di un dipendente pubblico si aggira sui trenta dollari. In proporzione, è come se in Italia per collegarsi a velocità da modem servissero 50 euro l’ora.

EPPURE, anche a Cuba spopolano i video su YouTube, le serie TV e il commercio online. Il miracolo è possibile grazie a una vera e propria «rete senza rete», un mercato nero ma tollerato dal governo che porta fisicamente i contenuti digitali nelle case dei cubani.

La vera Internet cubana, infatti, si chiama «El paquete semanal» («Il pacchetto settimanale»). È un terabyte di informazione distribuito in tutta l’isola su hard disk esterni o memorie Usb da persone in carne ed ossa ogni lunedì a costi contenuti, tra i due e i cinque dollari a settimana, attraverso una rete informale ma estesissima.

Il «paquete» contiene informazione, musica, video e software per computer e smartphone che sull’isola non sono accessibili. La rete esiste dal 2008 e ha dimensioni importanti anche dal punto di vista economico. Cifre ufficiali non esistono, ma già nel 2015 il giro d’affari del Paquete si aggirava tra i due e i quattro milioni (fonte Bbc). Secondo un’inchiesta della rete televisivia statunitense Abc, attualmente il paquete è il primo datore di lavoro cubano per numero di addetti.

PER VEDERCI PIÙ CHIARO, i ricercatori del Georgia Institute of Technology e della University of Kentucky guidati da Michaelanne Dye – sotto la supervisione di Amy Bruckman e Neha Kumar – e da David Nemer hanno svolto una ricerca sul campo e ne hanno recentemente pubblicato i risultati, dopo averli presentati in aprile alla conferenza Chi 2018 di Montreal, dedicata ai fattori umani nell’interazione con i computer.

Secondo l’inchiesta dei ricercatori, all’origine del «Paquete» vi sono solo tre «maestros», personaggi misteriori che scaricano i contenuti di intrattenimento più popolari grazie a costose connessioni a banda larga e antenne satellitari pirata. Juanito, il «maestro» rintracciato dai ricercatori, in cambio del segreto sulla sua vera identità ha mostrato la sua parabola, nascosta in un finto deposito dell’acqua sul tetto di una casa al centro dell’Avana.

Attraverso questi strumenti, fuori portata per la stragrande maggioranza dei cubani, Juanito salva ogni settimana una quantità notevole di contenuti: i video più cliccati su YouTube, le nuove puntate delle serie di Netflix, i tweet e gli status delle celebrità, le news internazionali, l’ultima versione di Android o Wikipedia.

Per non avere problemi con il governo, Juanito e colleghi controllano che il paquete della settimana non contenga pornografia e contenuti esplicitamente critici contro le autorità. Dopo la verifica, l’ultima edizione dell’hard disk viene trasferita ai «paqueteros», la rete di distributori che la vende agli utilizzatori finali.

Si tratta di negozi, spesso ricavati nelle abitazioni ma pubblici e conosciuti da tutti, con tanto di insegna lampeggiante. È lì che i cittadini si riforniscono, memoria Usb alla mano: c’è chi chiede la versione integrale del Paquete, chi è interessato solo alla musica per il suo ristorante, o chi chiede solo un film perché ha il computer già pieno. I paqueteros li accontentano perché non sono semplici distributori: personalizzano i contenuti, aiutano gli utenti inesperti, raccolgono annunci per la settimana successiva.

UNA PARTE importante del Paquete, infatti, è rappresentato da Revolico, il sito cubano più utilizzato per il commercio online. Su questa versione cubana e rudimentale di eBay, si compra e si vende di tutto, dalla casa al cellulare ai pezzi di ricambio per le auto. In un paese in cui Internet è assente, Revolico prospera grazie alla versione che circola offline.

Lo stesso vale per gli artisti cubani soprattutto della scena reggaeton che, in mancanza di altri media indipendenti, costruiscono le loro carriere attraverso i video, la musica e gli eventi promossi attraverso il Paquete, a cui partecipano migliaia di fan.

Sempre attraverso i paqueteros, gli utenti forniscono contenuti dal basso, come annunci commerciali e l’informazione indipendente che altrimenti non circolerebbe. Nonostante le cautele, qualche video satirico sulla politica cubana compare, e i primi effetti si vedono.

Dopo la rivoluzione socialista e l’eroica resistenza contro le sanzioni, il popolo cubano ha capitolato davanti agli «youtuber» che dispensano lezioni di vita dalla loro cameretta. I colleghi di Ferragni e Favij spopolano ormai anche sull’isola del Che e di Fidel.

LA DIFFUSIONE del paquete non ha comunque lasciato indifferente il governo. Da qualche anno è in circolazione «Mi Mochila», una sorta di versione statale del paquete distribuito attraverso i canali ufficiali del Joven Club (una rete di centri educativi dedicati all’informatica) al prezzo di 10 pesos cubani, meno di mezzo dollaro. Ma senza i video, la musica e i film che a Cuba sono solo sul Paquete, non c’è concorrenza.

Secondo i ricercatori, la rete del Paquete riproduce le stesse dinamiche sociali della Internet che da noi viaggia sulla fibra ottica: informazioni a costi decrescenti, contenuti generati dagli utenti e pirateria diffusa. Certo, come infrastruttura digitale non è molto efficiente.

Ricorda l’epoca in cui, anche da noi, i software e le enciclopedie si acquistavano con i cd cellofanati insieme alle riviste specializzate. Inoltre, hard disk e memorie Usb hanno capacità limitate e la quantità di informazioni in circolazione è incomparabilmente inferiore a quella a cui siamo ormai abituati.

Anche il prezzo del paquete è basso, ma solo se paragonato ai nostri redditi perché non tutti a Cuba possono spendere cinque dollari a settimana, un sesto del salario medio mensile. Va detto che molti utenti non pagano neanche un peso, perché il paquete stesso è vittima di pirateria e viene condiviso tra amici e parenti liberamente. Infine, «El Paquete Semanal» non risolve il problema della libertà di espressione, perché rimane soggetto all’autocensura in cambio di tolleranza da parte delle autorità cubane.

TUTTAVIA, sottolineano i ricercatori statunitensi, la rete un po’ umana e un po’ digitale di Cuba possiede anche qualche vantaggio. Il traffico di hard disk e penne Usb mantiene visibile il fattore umano e il carattere non neutrale delle reti di comunicazione. A Cuba, ciò ricorda a tutti l’importanza della libertà di stampa in una democrazia compiuta.

Ma il messaggio è utile anche per noi che, attraverso l’Internet veloce, accediamo a una quantità pressoché illimitata di messaggi, dati, contatti. Questa nostra immagine della realtà è sempre più modellata dagli algoritmi che studiano le tracce che lasciamo nella rete. E nemmeno gli algoritmi, come i paqueteros, sono neutrali