«Sapete perché riporteremo la gente di Bologna al voto? Perché in questa città c’è impegno e fermento sociale, pezzi importanti che non si sentono rappresentati e che il partito della nazione di Renzi non comprende e non tollera. Noi non vogliamo togliere le legioni al Pd o conquistare le casematte dei 5 Stelle, vogliamo riportare al voto tutta la cittadinanza e lo diciamo guardando al dato delle ultime regionali, con quell’astensionismo record che ha toccato il 60%». Ci crede davvero Federico Martelloni, 41 anni, due figli, professore in diritto del lavoro all’Università di Bologna e candidato sindaco di “Coalizione civica”, quella grande rete di associazioni, movimenti e culture politiche che è stata capace di presentarsi unita al voto del prossimo 5 giugno. Se la prima sfida, quella di non andare subito in mille pezzi, è stata superata, Martelloni fissa l’asticella decisamente in alto: portare il sindaco Virginio Merola e il suo Pd al ballottaggio, e poi da lì compiere l’impresa.

 

Federico Martelloni
 Sondaggi alla mano si tratta della classica utopia che farà a pugni con il voto del 5 giugno.

 

Ve lo ricordate il referendum bolognese del 2013, quello che chiedeva di togliere i fondi pubblici comunali alle scuole private paritarie della città? Avevamo tutti contro: il Pd, Confindustria, la Curia. Eppure contro tutti abbiamo vinto. La differenza tra oggi e allora è che tre anni fa si trattava di un referendum consultivo, e il partito del sindaco ha potuto tradire Costituzione e volontà democratica, questa volta invece non potrà più succedere. Ma la differenza è anche che sui temi della scuola pubblica, della sanità, della casa e dell’accoglienza, gli schemi si sono rotti, i partiti socialdemocratici di tutta Europa hanno abbandonato questi valori. È così che è stata possibile la vittoria di Ada Colau a Barcellona, rimettendo al centro l’uguaglianza e l’innovazione sociale, ripartendo dalle città e ribaltando i pronostici.

A Bologna il Pd è radicato ed esprime una solida classe dirigente. Vincere sulla scuola pubblica è un conto, vincere sul governo della città è cosa del tutto differente.

Sono convinto ci siano pezzi enormi di città che il Partito della nazione non rappresenta, non comprende e di conseguenza non tollera più. Tanto più a Bologna dove, da sempre, il fermento sociale è il marchio di fabbrica del tessuto urbano. In città ci sono situazioni che nascono al di fuori di ogni programmazione e che devono essere riconosciute e valorizzate, anche quando arrivano da un’occupazione o dal sottilissimo crinale che separa legalità e illegalità. Penso alla straordinarie esperienza del centro sociale Làbas, sotto sgombero eppure capace di offrire socialità e progetti a migliaia di bolognesi, e questo all’interno di spazi inutilizzati che l’amministrazione è incapace di rimettere a disposizione della cittadinanza. Penso a tutte quelle associazioni e gruppi, che danno tanta ricchezza a Bologna e che nascono, crescono, vivono e rivendicano spazi e diritti fuori da ogni logica burocratica. Coalizione civica per come è fatta è l’unica esperienza politica capace di portare tutte queste persone al voto. Abbiamo il coraggio e gli strumenti per farlo, abbiamo capito che queste esperienze sono una ricchezza, non un fattore politico inquinante come le ritiene il Pd.

I critici parlano di Coalizione civica come di un patto elettorale tra realtà differenti e alla lunga incompatibili, gli ipercritici come di un cavallo di troia di Sinistra italiana su tutto quel che si muove a sinistra del Pd in città.

Non è così e per tanti motivi. Non ci sono processi a sinistra a livello nazionale che hanno l’estensione e il radicamento di “Coalizione civica”, una realtà che ha messo assieme storici quadri del Pci, associazioni, movimenti che lottano per la scuola pubblica, l’ambiente e i diritti, centri sociali e partiti, generazioni e persone così differenti. Dirò di più: se stiamo assieme lo facciamo perché la sfida che abbiamo di fronte è quella di dare una vera alternativa di governo ai bolognesi, e di fare di Bologna un laboratorio politico nazionale capace di smontare, a partire dalle città, il partito della nazione di Renzi. Nella nostra lista c’è spazio per il sapere amministrativo degli urbanisti, per quello scientifico e universitario che vuole sperimentarsi sul terreno della democrazia e della trasformazione sociale, per l’attivismo così come per tutte le culture politiche della sinistra.

Ci dica cosa c’è che non va nel governo del Pd, in città è stato in grado di mettere in campo interventi importanti, dalla riqualificazione del centro alla mobilità sostenibile.

Il problema di Bologna non è che abbia smesso di fare innovazione o di contrastare le povertà. Il problema è che ha smesso di fare le due cose assieme, il governo del Pd ha da tempo smesso di combinare il sapere e l’innovazione dell’università con l’idea di trasformazione sociale. Per farlo ci vuole coraggio, ma non è solo questo il punto. Il punto è nazionale e tocca il tema del Partito della nazione.

Il problema è Matteo Renzi?

No, Renzi non è un uomo solo al comando, è molto peggio. È espressione di quel “principio del capo” che assicura a chi governa una scorciatoia veloce e seducente per navigare nei tempi rapidi della globalizzazione liberista. Noi non possiamo rivendicare i tempi lenti della democrazia classica contro l’ipervelocità della globalizzazione, dobbiamo reinventare la democrazia a partire dalle città, a partire da Bologna e dall’avventura di “Coalizione civica”. Concepita come associazione destinata a sciogliersi dopo le elezioni, “Coalizione civica” pochi giorni fa ha deciso di eliminare ogni termine di scadenza. Siamo qui per rimanere e portare al voto i bolognesi.

A parte la teoria, quali sono le proposte concrete di governo?

I bolognesi ci voteranno perché inseriremo clausole anti-voucher e anti-precarietà nei patti di collaborazione e nei bandi del Comune, perché completeremo il Servizio Ferroviario Metropolitano al posto di maxi opere come il Passante di mezzo, colate di cemento e asfalto che nessuno vuole e che porteranno inquinamento e traffico dentro la città. Ci voteranno perché sappiamo riconoscere le esperienze nate dal basso.

Guardando ai vostri concorrenti diretti, non è preoccupato della lista di sinistra guidata dall’assessore Amelia Frascaroli?

Sono una stampella del Pd, e le stampelle non sono mai diventate gambe. Le persone lo hanno capito così bene che non li voteranno. La sfida è costruire un’alternativa di governo per Bologna, noi lo stiamo facendo. Le città hanno inventato la politica una prima volta tanto tempo fa, e devono tornare a farlo oggi. E Bologna non sarà un’isola, ma un laboratorio nazionale.