Una città isolata, sotto choc, in tilt. Il ponte Morandi che lega il Ponente al capoluogo ligure era l’arteria principale di Genova. Le macerie alte trenta metri sono l’immagine più lampante dello strazio di una città, già in difficoltà economica. E recentemente colpita da tragedie che hanno lasciato ferite mai rimarginate: dalle alluvioni al crollo della torre dei piloti al porto nel 2013.

Il nodo autostradale è paralizzato, anche il traffico ferroviario è stato bloccato. Sotto il viadotto passa, infatti, la ferrovia diretta al porto. Il tragico collasso del cosiddetto «ponte di Brooklyn» è un colpo all’economia non solo portuale della città, essendo l’infrastruttura strategica di collegamento tra est e ovest. Sono al momento ancora incalcolabili i danni per le industrie, non solo dell’area del crollo, per i porti merci e passeggeri, l’aeroporto, il turismo.

La parte di infrastruttura rimasta in piedi sarà demolita, spiega il viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi, «con gravi ripercussioni al traffico e problemi per i cittadini e le aziende».

L’isolamento di Genova si riflette su tutta la Liguria. Gli ultimi dati Istat hanno fotografano una realtà difficile. Il 2017 non è stato, infatti, un anno positivo per la regione: in dodici mesi, sono andati in fumo 6.469 posti di lavoro con gli occupati che passano da 609.550 nel 2016 agli attuali 603.081 (meno 1,1 per cento rispetto al 2016).

Da anni il ponte era oggetto di lavori di manutenzione. Qualcuno parla di una strage annunciata. Un triste presagio lo si intravede in un ponte «gemello» a quello crollato a Genova, alla cui progettazione contribuì proprio Riccardo Morandi, considerato un fine studioso del cemento armato. Si tratta del ponte «General Rafael Urdaneta» che a Maracaibo, in Venezuela, nel 1964, cedette sotto l’urto di una petroliera fuori controllo.

Il futuro di Genova è in equilibrio precario, una città appesantita dal cemento. Forse è venuta l’ora di rimettere in discussione l’intero sviluppo della città, nonché del suo sistema trasportistico. Partendo innanzitutto dagli sbagli del passato per immaginare un domani sostenibile.