La prima volta che la questione della ciclabilità urbana entra nel dibattito normativo è il 12 ottobre 1988, quando il Parlamento Europeo approva la Carta europea dei diritti del pedone. La riduzione degli inquinanti atmosferici e acustici, la maggiore sicurezza e fruibilità degli spazi, una adeguata dotazione infrastrutturale e una migliore organizzazione del traffico veicolare venivano esplicitamente associati allo sviluppo di una rete di piste ciclabili e all’uso privato della bicicletta. Un programma di interventi volti a far nascere «una nuova e più umana mentalità urbana». Nonostante il crescente interesse per le politiche di recupero di vivibilità urbana e di mobilità sostenibile che a partire dagli anni 2000 ha caratterizzato le normative europee – il Sesto programma comunitario di azione per l’ambiente, Agenda 21, il programma Aria pulita per l’Europa – più del 20 per cento delle emissioni di gas a effetto serra deriva tutt’oggi dal settore dei trasporti. A questo dato si deve aggiungere la diminuzione dell’uso delle ferrovie e dei servizi collettivi e un tasso di crescita delle autovetture private superiore a ogni previsione.
Se da un lato la situazione romana non si discosta da questo quadro tutt’altro che felice, dall’altro è pur vero che i margini di azione sono decisamente ampli. I documenti istituzionali – il Piano Generale del Traffico Urbano di Roma aggiornato al febbraio 2005, il Piano Quadro della Ciclabilità di Roma Capitale del giugno 2011 e quello Provinciale del settembre 2011 – evidenziano il ritardo rispetto ad altre città europee e italiane. La rete ciclabile cittadina misura 254 km, è caratterizzata da una forte frammentazione dei percorsi e viene usata solo per lo 0,4 per cento degli spostamenti quando basterebbe una dotazione infrastrutturale adeguata per far salire questa percentuale al 34 per cento. Mentre si annunciano finanziamenti e piani per il futuro, il coordinamento spontaneo di ciclisti della Capitale Di traffico si muore continua a disseminare la città di bici bianche fantasma, in ricordo di chi sulle due ruote ha perso la vita, per sensibilizzare la cittadinanza al problema dell’insicurezza stradale.
Nonostante i dati mostrati non siano confortanti e incoraggianti, moltissime associazioni romane oltre a denunciare l’inadeguato stato dell’arte, si impegnano quotidianamente sul fronte del miglioramento della qualità della vita urbana attraverso l’incremento dell’uso della bicicletta. Proprio le elezioni amministrative sono state per questi soggetti che lavorano da anni per una mobilità sostenibile un’occasione per ribadire il proprio impegno e per suggerire proposte concrete per il prossimo lustro. Il Coordinamento Roma Ciclabile, in cui confluiscono una trentina di associazioni, ha elaborato un documento di impegni per la nuova amministrazione capitolina volto a realizzare anche a Roma le condizioni per una mobilità sicura e competitiva con l’automobile. Gli obiettivi che vengono proposti sono molto ambiziosi ma sono del tutto in linea con normative europee ormai datate decenni e in alcuni casi con le direttive lanciate dal Piano quadro della ciclabilità dell’ex sindaco Gianni Alemanno; quindi nulla di impossibile o di utopico.
Le battaglie dei ciclisti sono battaglie di riqualificazione degli ambiti urbani che coinvolgono tutti: aumentare la percentuale di mobilità tra bici, pedoni e trasporto pubblico locale; ridurre lo spazio occupato dalle auto attraverso l’incremento delle isole ambientali e il ridisegno dello spazio pubblico; adottare i 30 km orari per la viabilità urbana secondaria; realizzare i 1000 km di percorsi ciclabili. Si tratta di un grande progetto di rivoluzione culturale che andrebbe a ridisegnare Roma proprio a partire dalle sue strade principali. Le vie Flaminia, Salaria, Tiburtina, Prenestina, Casilina, Appia Nuova, Ostiense, Marconi, Portuense e Gregorio VII potrebbero diventare i nuovi corridoi delle mobilità dove sarebbe necessario creare piste ciclabili protette, ridurre lo spazio dei parcheggi lungo la carreggiata, rallentare la velocità delle auto, allargare i marciapiedi, aumentare le corsie preferenziali e il verde stradale. Un ripensamento complessivo e possibile da progettare e pianificare con impegni di spesa dell’ordine di almeno 50 o 60 milioni di euro annui, di cui gran parte sono già stanziati o previsti e di cui parte potrebbe venire dagli incassi delle multe fatte agli automobilisti. Molto in questo senso potrebbero fare le campagne di educazione nelle scuole, nelle università e nei luoghi di aggregazione, la formazione di decisori e tecnici nelle pubbliche amministrazioni, l’istituzione di eventi ad hoc.
Negli ultimi anni a questi intenti programmatici si sono affiancate numerose iniziative legate al via via crescente numero dei ciclisti che popola la Capitale e che cerca di affermare la propria esistenza e i propri diritti. Quella dei ciclisti è una comunità che si articola sempre di più nel tessuto urbano romano e crea nuovi modelli di socialità, basti pensare alle innumerevoli attività che i Ciclonauti mettono in campo dal 2006. Dalle ciclofficine dove la bici non ha un valore di scambio ma un valore d’uso e dove le bici si assemblano e si riparano ma non si vendono, ai progetti Lovebike e Ri-Ciclo, svolto in collaborazione con l’Azienda Municipale Ambiente del Comune, che recuperano e mettono in circolazione le bici abbandonate, non più utilizzate dai singoli o addirittura buttate; dalle partecipazioni alle Domeniche Ecologiche del Comune e alla Settimana della Mobilità Ciclistica Urbana ai corsi di “ciclomeccanica”. Ma la manifestazione che mostra in maniera più emblematica il lungo percorso delle due ruote ecologiche a Roma è dato dalla popolarità della Critical Mass, un appuntamento ormai fisso per chi vuole letteralmente impadronirsi di strade quotidianamente occupate dal traffico. L’evento, che ha preso il via nel 2002 con circa una cinquantina di partecipanti, nel 2013 ha raggiunto la decima edizione e migliaia di persone coinvolte regalando un colpo d’occhio delle strade e delle piazze veramente suggestivo.
Tutto nella Capitale sembra indicare un cambio di rotta per quanto riguarda la mobilità: un sindaco neoeletto che usa la bicicletta, una nuova idea di mobilità e un nuovo piano concreto del traffico che passa attraverso la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali e soprattutto una grande mobilitazione dal basso che ogni giorno sfida il traffico e l’inquinamento. Che una Roma veramente a misura di ciclista e pedone non sia lontana dall’arrivare?