Tra i bei libri in uscita al passato Lucca Comics per le Edizioni Oblomov-la Nave di Teseo, vale la pena soffermarsi su La cicatrice, uno spillato formato quaderno di una cinquantina di pagine, che gli autori Andrea Ferraris e Renato Chiocca presenteranno domani insieme al direttore del marchio Igort, al festival Pazza Idea di Cagliari (di cui è possibile consultare il programma qui http://www.pazzaidea.org).

La cicatrice in copertina è il muro che separa il Messico dagli Stati Uniti. Ferraris non è nuovo alle storie messicane. Nel 2015 usciva per Coconino press Churubusco, il second graphic novel dellautore; ambientato nel 1846, il fumetto racconta della diserzione del battaglione San Patrizio dallesercito nordamericano durante la guerra contro il Messico. A settembre lautore è stato ospite del consolato del Messico e dellIstituto di Cultura Italiano a Los Angeles, che hanno dedicato al fumetto una mostra di 42 originali in occasione del 170esimo anniversario dellinvasione statunitense del Messico. Ferraris, insieme a Renato Chiocca (sceneggiatore e documentarista) decide di approfittare dellinvito per andare a visitare il confine che fu scenario di quella battaglia, lo stesso dove oggi si erge Il muro di Trump (le cui prime pietre vennero erette dal governo Clinton nel 1994).

Come vi incontrate e come nasce La cicatrice?

Andrea Ferraris Tony Sandoval, collega messicano già autore di Appuntamento a Phoenix, romanzo dove racconta la sua personale esperienza del passaggio (del quale avevamo parlato sul giornale qui), appena saputo del mio viaggio mi consigliò di visitare Nogales, punto caldo del crocevia dei migranti, un luogo che raccoglie tutte le caratteristiche della malattia del muro: il cartello della droga, border patrol, polizia migranti.

Renato Chiocca Andrea conosceva il mio documentario su Mattotti e io ho avuto il privilegio di leggere Churubusco ancora in fase di realizzazione. Quando è stata organizzata la sua mostra a Los Angeles, è stato lui ad invitarmi, voleva raccontare in modo diverso quello che succede oggi sul confine; abbiamo cominciato a pensare insieme alla struttura del libro.

Limpatto che il muro ha sullimmaginario è enorme, ma è nella vita quotidiana, che si attua un vero e proprio stravolgimento degli equilibri sociali, dei meccanismi economici.

A.F. Tutto saltato: più volte parlando con gli abitanti ci siamo accorti che quella attorno al muro è considerata come una zona di guerra. In effetti la sensazione è quella di pericolo imminente. Cè una nuova economia, quella del cartello della droga, che controlla moltissimo. Anche i prezzi del passaggio, e quindi le vite dei migranti, sono controllate dal cartello della droga.

La supposta difesa della legalità è uno dei grandi paradossi del muro

A.F. Ci è stato detto Noi smetteremo di vendere la droga agli Stati Uniti quando loro smetteranno di usarlanoi facciamo il nostro lavoro. Un meccanismo imperniato sulla povertà degli uni, contro la continua domanda degli altri.

Il cambiamento può venire solo da un diverso atteggiamento degli Stati Uniti, e anche dal governo messicano. Cè una grande connivenza. Tanti lo chiamano il muro poroso”.

Andrea, cosè quellonda che disegni in apertura del libro?

È il Mediterraneo, una linea a rappresentare lunione tra il deserto e il nostro mare. I migranti sono gli stessi, si muore là come in mare. Londa è inarrestabile e si abbatterà sul muro, come su ogni frontiera che cerchiamo di costruire: invece di persuadere le persone che tentano di sorpassarla, complica loro la vita.

Il libro è una narrazione reportage?

R.C. Igort aveva le idee chiare, nel libro ci doveva essere fumetto: non sapendo disegnare, mi sono occupato della documentazione, in primo luogo della storia del ragazzo ucciso dalla border patrol, accaduta i dintorni di Nogales, che occupa la prima parte del libro. Abbiamo studiato insieme l’impostazione delle tavole, le inquadrature, il ritmo visivo del racconto. Per la seconda parte, siamo partiti con le pagine in bianco.

A.F. Sì, abbiamo lasciato aperte molte porte per dare possibilità alle storie e alla verità di emergere. Avevamo domande da rivolgere alla gente, ma non di natura politica: fondamentalmente siamo andati a chiedere alla gente quanto il muro avesse cambiato le loro vite.

Qual è stata la vostra sensazione di fronte al muro?

R.C. Avevamo la responsabilità di raccontare un confine molto lontano da noi. Lo abbiamo fatto visitandolo, raccogliendo materiale fotografico e interviste per il libro. Ci siamo avvicinarci, nonostante il muro, per metterci in ascolto. Gli incontri che abbiamo fatto sono stati autentici, belli.

Quale il futuro del muro?

A.F. Il fine propagandistico di Trump è vivo e vegeto: adesso dice di voler costruire pannelli solari sul muro per poter generare energia che alimenti le telecamere di sorveglianza. Anche se ai nostri occhi sono impercettibili, le differenze con la presidenza Obama si fanno sentire: prima ad Arivaca c’era un ospedale gestito dai No more deads-No más muertes, che Trump ha sgombrato, alzando molta polvere, con unoperazione rocambolesca, con tanto di elicotteri e militari. Ma non durerà; anche se si guardano un po di profilo e non si fidano, gli statunitensi hanno bisogno dei sudamericani. Questa gente ha bisogno di parlarsi, non possono permettere al muro di far cessare i loro rapporti.