È una chat di Whatsapp a inguaiare Attilio Fontana nell’ambito della sempre più intricata indagine sulla fornitura di camici da parte di Dama spa a Regione Lombardia. Secondo quanto rivelato da fonti giudiziarie, e anticipato dal Corriere della Sera, un messaggio sarebbe partito dal cellulare di Andrea Dini, cognato del governatore e titolare dell’azienda tessile, al numero della presidente della onlus varesina Il Ponte del Sorriso, Emanuela Crivellaro. «Abbiamo ricevuto una bella partita di tessuto per camici. Li vendiamo a 9 euro, e poi ogni 1000 venduti ne posso donare 100», recita il messaggio.

SONO LE 9 del mattino del 20 maggio. Appena due ore più tardi, Dini invia l’ormai nota mail all’ufficio di Aria, che gestisce gli acquisti per il Pirellone, per rinunciare al pagamento della fornitura e trasformare i 50 mila camici già consegnati in donazione. Commutazione mai registrata formalmente da un notaio. A quei 50 mila mancano i 25 mila camici, ritrovati pochi giorni fa delle fiamme gialle nei magazzini della Dama, che completano il lotto inizialmente pattuito con Aria. Nella mail di Dini, infatti, la donazione sarebbe stata riformulata con una riduzione dei pezzi. La consecutio di eventi – il messaggio e la mail – e il lotto mancante all’appello hanno portato i pm milanesi a ipotizzare un «preordinato inadempimento» contrattuale «per effetto di un accordo retrostante» tra Regione Lombardia e Dini.

IN SOSTANZA, per gli inquirenti che hanno dato l’ok alla perquisizione, Dini e il governatore leghista avrebbero deciso insieme di trasformare in donazione la fornitura, escludendo 25 mila dei 75 mila camici pattuiti nell’ordine d’acquisto del 16 aprile. La presidente della onlus Crivellaro, nel colloquio avuto il 18 giugno con i magistrati, come persona informata sui fatti, avrebbe riferito di aver contattato Dini il 9 aprile, spiegando che «l’ospedale non aveva più camici e lui rispose ‘domani 500’, ma il giorno dopo ce ne fece avere solo 300 e già in quella occasione mi disse che era in trattativa con la Regione Lombardia». Crivellaro, nella sua testimonianza verbale avrebbe aggiunto: «Ho cercato di ottenerne altri ma lui mi disse che non ne aveva più perché li doveva vendere alla Regione, aggiungendo che il contratto era in esclusiva. Poi, quando ho visto Report ho capito che stavano cercando di camuffare la vicenda come donazione». Raggiunta al telefono, la responsabile della onlus ci tiene a precisare che «Il Ponte del Sorriso ha sempre beneficiato del sostegno sia di Dama che della famiglia Dini. Ho riferito ai magistrati i termini del nostro coinvolgimento nella vicenda ma preferisco non commentare».

MA I NUOVI ELEMENTI emersi avvalorano sempre più le ipotesi di reato contestate a Fontana, Dini e Filippo Bongiovanni (ex dg di Aria) di frode in pubblica fornitura. E allungano anche la lista di interrogativi ancora in sospeso. Per esempio, come mai Fontana, costretto dalle opposizioni in consiglio regionale a riferire dopo il terremoto giudiziario, avrebbe dichiarato di aver chiesto personalmente al cognato «di rinunciare al pagamento per evitare polemiche». E perché avrebbe pensato poi di coprire con la somma di 250 mila euro, trasferita dal conto Svizzero ormai oggetto di indagine, il mancato guadagno. «Un gesto risarcitorio» continuano a ripetere come un refrain il leghista e il suo avvocato, Jacopo Pensa. Il governatore, insieme alla sua difesa sta ancora valutando l’ipotesi di presentarsi, dopo la pausa estiva, davanti ai pm Filippini, Scalas e Furno. Intanto, per settembre è programmata la mozione di sfiducia nei suoi confronti. 29 consiglieri regionali dell’opposizione hanno firmato il testo dopo alcuni giorni di «accorgimenti alla bozza del M5s». Grande assente è Italia Viva: Patrizia Baffi, infatti, dopo averlo annunciato, ha confermato di non aderire alla mozione delle minoranze. «Mandare a casa la giunta Fontana e il sistema Lega è un atto d’amore per la Lombardia. Spero in un sussulto di dignità della maggioranza», ha commentato il consigliere dem Pietro Bussolati.