Un tappeto rosso e 24 bare di legno portate a braccia dai soldati. Intorno, alcune donne africane con il capo coperto da un foulard bianco piangono gli scomparsi insieme a numerosi migranti. Sotto una tenda tirata su apposta vicino all’obitorio dell’ospedale pubblico Mater Dei, Malta ha celebrato così il funerale simbolico delle 800 vittime del naufragio del 19 aprile a largo delle coste libiche. Le 24 bare contenevano i corpi che hanno potuto essere recuperati, fra questi un ragazzo di circa 15 anni: «Non conosciamo il loro nome, sappiamo solo che cercavano di sfuggire a una situazione disperata per trovare la libertà e una vita migliore», ha detto il vescovo dell’isola, Mario Grech, che ha celebrato la cerimonia di 45 minuti insieme all’imam Mohammed El Sadi. Prima, un tempo di raccoglimento scandito dal suono di un’arpa. Alla cerimonia erano presenti le più alte cariche del governo di Malta e anche il commissario europeo per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano, e il ministro greco della solidarietà, Theano Fotio. Il vescovo ha raccomandato con una preghiera coloro a cui tocca «l’arduo compito» di proporre soluzioni in una «situazione complessa».

Ieri, i leader europei si sono riuniti a Bruxelles per un vertice straordinario. Per Amnesty international, la proposta di dichiarazione finale dell’Unione europea, è però «del tutto inadeguata a porre fine alla crisi umanitaria nel Mediterraneo e a fermare l’aumento del numero dei morti in mare». Al contrario – sostiene l’organizzazione non governativa – «occorre cambiare obiettivi e aree operative, aumentare navi e aerei. Porre l’accento sul pattugliamento dei confini europei e ignorare l’urgente necessità di salvare chi sta annegando suona come un insulto nei confronti delle migliaia di persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo, e appare come un cinico affronto verso coloro che non hanno altra scelta che intraprendere quella traversata pericolosa».

Dall’inizio dell’anno, circa 1.750 migranti – uomini, donne e bambini – sono morti in mare. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) sono 30 volte di più che durante lo stesso perioodo del 2014. «Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale le persone costrette alla fuga nel mondo hanno superato la soglia dei 50 milioni (a metà del 2014 se ne registravano già 56,7)», denuncia padre Camillo Ripamonti, presidente dell’associazione Centro Astalli. Il rapporto Astalli rileva «lo scarto significativo tra le persone sbarcate sulle coste italiane nel corso dell’anno, circa 170 .000, e le richieste d’asilo presentate, circa 65 mila». Vi è inoltre una significativa differenza tra il numero dei richiedenti asilo siriani in Italia (solo 505) e quello registrato in paesi del nord Europa come la Germania (41.100) e la Svezia (30.750). Una dimostrazione – dice il rapporto – che chi cerca protezione «è ben consapevole della difficoltà del contesto italiano». I migranti «vivono in veri e propri ghetti con tutte le emergenze sanitarie che queste situazioni di marginalizzazione comportano». Tuttavia, gli sbarchi continuano.

Al porto di Catania sono stati identificati 218 persone provenienti da Libia e sub-Sahara, soccorse dal pattugliatore Denaro della Guardia di finanza. Tra loro, 6 donne e molti minori, che verranno trasferiti in diversi centri di accoglienza del nord Italia. E la polizia di Arezzo ha arrestato il pilota del barcone in viaggio una settimana fa nel canale di Sicilia, e diretto in Italia, su cui, nel corso di una lite per motivi religiosi, migranti musulmani avrebbero lanciato in mare una decina di cristiani.