Sui possibili scenari in Spagna, abbiamo sentito Anna Gabriel. Deputata al parlamento catalano, Gabriel è la portavoce di Candidatura d’Unitat Popular (Cup) ed è considerata la personalità femminile più influente del suo partito.

Qual è la sua analisi dei risultati elettorali in Spagna?
Crediamo ci siano diverse letture possibili. Anzitutto, bisogna notare che nei Paesi Baschi, nei Paesi Catalani e in una parte importante della Galizia, la coalizione vincolata a Podemos, le mareas ed altre formazioni di sinistra, sono risultate la prima forza in queste elezioni. È un fatto importante perché – sebbene non siano forze indipendentiste- riprendono nel loro programma il referendum sull’indipendenza, oltre al fatto che offrono alternative sul piano sociale e democratico, alternative che in parte coincidono con le nostre posizioni. Se consideriamo tutto il territorio statale, questa coalizione si situa come terza forza, sicuramente una buona notizia. Ma c’è un’altra lettura da considerare: il Pp e il Psoe restano le due forze maggioritarie. Continuano ad avere, quindi, un forte appoggio i partiti di centro, conservatori, e che sono disposti ad applicare senza scrupoli le politiche e le imposizioni della Troika. Per realizzare la sua proposta di referendum, Podemos dovrebbe scendere a patti con queste formazioni politiche, che già hanno negato il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Prendendo atto che questo atteggiamento ostile ancora esiste, come sinistra indipendentista restiamo in attesa che tutto questo spazio politico accetti di appoggiare la nostra lotta per conseguire la rivendicazione nazionale.

Quale sarà il quadro delle alleanze e quale scenario potrebbe favorire i vostri obiettivi?
Vedremo fino a dove arrivano le imposizioni della Troika e dei mercati, e se forzeranno un patto in nome della stabilità, il che vorrebbe dire la continuità delle politiche neoliberiste. Questo significherebbe che il Pp e il Psoe chiuderebbero qualsiasi possibilità di cambiare il panorama politico che dura da quarant’anni. Altri scenari di alleanza si preannunciano complicati, inclusa la possibilità di un governo di minoranza con appoggi puntuali, qualcuno ha già notato come la politica spagnola sembra assomigliare alla situazione parlamentare italiana. In ogni caso, spero che lo Stato comprenda che ci sono questioni che non possono non essere affrontate, così come lo hanno evidenziato le elezioni. Comunque, in Catalogna le urne del 27 settembre scorso ci hanno consegnato un mandato. Giustamente, abbiamo voluto trasformare le elezioni in un plebiscito, perché lo Stato ci ha negato – fino ad ora- la possibilità di celebrare un referendum per l’indipendenza del nostro paese. Noi stiamo lavorando per gettare le basi di questa Repubblica. Lavoriamo affinché questa Repubblica sia costruita e difesa da tutti quelli che hanno votato per le forze indipendentiste il 27 settembre scorso, ma anche per tutti quelli che non vedono nell’indipendenza un’opportunità per la trasformazione sociale. Di fronte abbiamo una sfida tra le più emozionanti: i cittadini di questo paese hanno l’opportunità di essere protagonisti di un processo costituente, di ridisegnare il volto di questo paese. Di discutere e decidere su tutto ciò che li riguarda. È una sfida coinvolgente, appassionante.

Podemos (il primo partito in Catalogna e nei Paesi Baschi) vuole imporre al Psoe un referendum in Catalogna. Cosa farà il suo partito?
Speriamo che ci riescano. Altrimenti, gli chiederemo di appoggiare la nostra via: quella unilaterale.

Quali sono i vostri alleati e su quali programmi?
Non cerchiamo alleanze solo tra i partiti. Sono alleati i movimenti, chi lotta ogni giorno nelle fabbriche, nelle università, chiunque capisca che la politica è questione di ogni giorno. Proviamo a trasmettere il bagaglio della lotta popolare, e a far sì che il nostro programma difenda gli interessi della maggioranza, dei lavoratori e delle lavoratrici. Abbiamo un’agenda comune con una moltitudine di attori politici, sociali, sindacali e una geometria variabile sul piano strategico.

Quali sono i rapporti tra la Cup e la sinistra basca?
Molto stretti, da sempre. Siamo internazionalisti, e non possiamo concepire la politica come qualcosa che non sia espressione della «tenerezza dei popoli». Sappiamo che la durezza dello stato spagnolo con il popolo basco è arrivata a limiti inaccettabili. Guerra sporca, isolamento dei prigionieri politici, leggi che rendono illegali partiti politici e negazione dei diritti. Non possiamo non camminare al fianco del popolo basco.

Quale modello di paese propone la Cup per la Catalogna e che relazione immagina con l’Unione europea?
Vediamo l’Unione Europea come espressione della logica di cooperazione tra Stati e interessi economici privati. Quindi, non la consideriamo un’istituzione adatta a soddisfare i diritti sociali basici. Proponiamo invece la creazione di un modello alternativo al capitalismo, che metta la vita al centro degli interessi. Quando riscattiamo le banche e non pensiamo alle persone, quando devastiamo il territorio ci stiamo comportando in modo selvaggio. Per vivere bene tutti, qualcuno deve perdere qualche privilegio. Proponiamo un paese che sia esempio nella difesa dei diritti umani, sociali e democratici. Un paese che si relazioni con il sud del mediterraneo, affinché lo stretto di Gibilterra non sia mai più quella vergognosa fossa comune che è attualmente. Un paese che consideri l’agenda femminista come qualcosa di strategico e basico, se si vuole rendere possibile un altro sistema di relazioni economiche, produttive e sociali.

Il modello bolivariano del Venezuela e dei paesi dell’Alba è stato uno degli attori della campagna elettorale in Spagna. Qual è la sua opinione?
C’è chi utilizza il tema per screditare, chi invece, come noi, considera che, per garantire una dignità minima alle persone, l’uscita dal sistema capitalista è urgente e necessaria. Altri lo consideriamo un punto di riferimento, un modello. Non è difficile capire che chi si oppone agli agenti dell’imperialismo riceva ogni genere di diffamazione. E’ l’amara realtà.

E come vede le relazioni solidali sud-sud? I Brics sono un’alternativa alla Ue?
Le relazioni solidali hanno la loro espressione nella società organizzata, nel denso tessuto di espressioni che lavora, da anni, puntando su un altro modello di relazioni internazionali. Purtroppo, gli Stati membri della Ue istaurano un modello di relazioni che ha l’interesse economico capitalista al centro della sua agenda.

(Ha collaborato Davide Angelilli)