Cultura

Una casa da godere insieme agli altri

Una casa da godere insieme agli altriCooperativa Andria Progettazione partecipata

Spazi domestici Intervista a Rossana Zaccaria, presidente di Legacoop Abitanti. «Per il futuro si pone un’alternativa tra un modello post pandemia di frammentazione dove l’edificio sociale e materiale si immagina come un panottico che incorpora una visione di iper-sorveglianza, o al contrario dove la struttura architettonica organizza relazioni sociali di potere distribuito»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 9 aprile 2020

Le misure restrittive e di quarantena imposte in queste settimane stanno avendo un impatto specifico anche su una serie particolare di esperienze e pratiche dell’abitare condiviso, solitamente richiamate sotto le espressioni ombrello di housing sociale e co-housing. Si tratta di realtà variamente strutturate che si sono imposte negli anni, oramai anche in Italia e specialmente nei paesi nordici, come sperimentazioni innovative, soluzioni diverse nel determinarsi della relazione oggi così evidente a tutti tra casa e società.
Sono, perlopiù, interventi residenziali dove spazi e servizi vengono condivisi con i propri vicini per svolgere attività legate alla vita quotidiana, dove gli inquilini co-progettano iniziative nei locali comuni e collaborano nella gestione.
Rossana Zaccaria, presidente di Legacoop Abitanti, ci racconta le molte ricerche in questo campo, anche nell’ambito del progetto Cambiare l’Abitare Cooperando, nonché le possibili pratiche di gestione.

Esistono delle specificità di queste esperienze associative, e, per quanto messe sotto stress, come possono suggerire anche in questa fase emergenziale nuovi modelli di convivenza?
Nell’ultimo decennio si è sviluppata una pluralità di progettualità estremamente diversificata, che comprende forme di auto-organizzazione di comunità che condividono intenzioni e valori (co-housing), fino a progetti di housing sociale di diverse centinaia di alloggi realizzati con partnership pubblico-privato la cui genesi risiede in una visione di casa intesa come servizio abitativo; nel mezzo, numerose pratiche, tra cui quella cooperativa, nelle quali si trova una contaminazione tra questi due modelli. La Cooperazione di Abitanti ha svolto un ruolo storicamente rilevante rispetto alla capacità di offerta di casa in maniera mutualistica, e nella contemporaneità prova a dare voce a nuovi bisogni.
Queste diverse forme di abitare mettono a disposizione vari servizi: locali e dotazioni destinati ai residenti all’interno dei quali gli abitanti rivestono il duplice ruolo di beneficiari e attori dei servizi stessi, dall’organizzazione del tempo libero all’acquisto del cibo, spesso attivando modelli economici alternativi; servizi urbani che si aprono alla realtà locale incrociando tipologie di utenza complementari, ad esempio anziani e bambini in uno spazio ricreativo polifunzionale; servizi residenziali costituiti dall’assegnazione di alloggi a soggetti del terzo settore per ospitare persone in condizione di svantaggio e di autonomia ridotta.

Quali azioni mutualistiche stanno realizzando le cooperative di abitanti in queste settimane e quali le proposte promosse a livello politico?
È difficile mantenere il principio cooperativo della «porta aperta» quando l’utilizzo degli spazi condivisi è negato; tuttavia allo stesso tempo è in atto un disvelamento della capacità di cura di queste comunità, attraverso sistemi di prossimità e di responsabilità collettiva. L’emergenza sanitaria mette a nudo come un’epidemia richieda un cambio di prospettiva verso un approccio che includa la cura della comunità. Questo principio può essere mutuato dal campo medico all’assetto sociale in senso più lato.
In questa logica, le Cooperative di Abitanti, hanno attivato diversi servizi per le persone più fragili potenziando il sostegno a distanza con consulenze telefoniche sull’orientamento assistenziale, con il geriatra (cooperativa Abitare – cooperativa Delta Ecopolis) mettendo a disposizione alloggi per il personale sanitario (cooperativa Unicapi) valorizzando progetti concepiti per l’intergenerazionalità, nei quali i giovani si attivano per le esigenze quotidiane di anziani e bambini, come la spesa a domicilio o il supporto ai compiti on-line (Ospitalità solidale e Foyer di Cenni gestiti dalla cooperativa Dar Casa). Uno storico teatro della cooperativa Edificatrice Ferruccio Degradi ha promosso l’idea di acquistare un «biglietto sospeso» per resistere (Spazio Teatro 89).
Inoltre, Legacoop Abitanti, insieme ad Alleanza delle cooperative italiane abitanti ha presentato una proposta per sostenere le persone in affitto, i conduttori di alloggi di edilizia residenziale sociale e gli assegnatari di alloggi in godimento delle cooperative edilizie a proprietà indivisa colpiti dall’attuale emergenza. La proposta è stata fatta propria dal senatore Franco Mirabelli, con un ordine del giorno dove la V Commissione permanente impegna il governo a prevedere nel prossimo Decreto legge in materia di Covid-19 un incremento di almeno cento milioni di euro della dotazione del Fondo inquilini morosi incolpevoli, con apposito capitolo di spesa per l’anno 2020.

In che forme queste esperienze di abitare cooperativo, sempre più diffuse, prospettano per il futuro un modello per una rete di comunità resilienti? E, intanto, quale alternativa post pandemia ci possono indicare?
Il mondo della cooperazione di abitanti, con la sua storia che oltrepassa un secolo, in questa fase in cui si riflette sulla crisi di un intero modello economico e sociale, deve rafforzare e ripensare il mutualismo che è al fondamento del suo esistere. In questi anni Legacoop Abitanti ha promosso una visione dell’abitare come snodo centrale di un welfare dinamico; attualmente si tratta di rintracciare dentro questa crisi le traiettorie di cambiamento già disseminate in esperienze sperimentali e pensarle su una scala diffusa che possa costituire una piattaforma urbana che abilita modelli di convivenza tra diversi, e con un potenziale diverso emergente, in questo caso un virus. Per il futuro si pone, forse estremizzando, un’alternativa tra un modello post pandemia di frammentazione dove l’edificio sociale e materiale si struttura come un panottico che incorpora e assume in sé una visione di iper-sorveglianza, o al contrario dove la struttura architettonica organizza relazioni sociali di potere distribuito, di presa di consapevolezza delle comunità attraverso i singoli. L’agire abitativo in forma collaborativa, delegittimato apparentemente a causa delle misure di contenimento, dovrà mettere in atto nuove strategie di intelligenza collettiva, in termini di capacità del gruppo di organizzarsi sfruttando un’ampia gamma di competenze, facendo riferimento alle abilità intellettuali e alle risorse disponibili all’interno della stessa comunità.

 

SCHEDA

Vivi Voltri, festa dei vicini

Le forme dell’abitare cooperativo e collaborativo possono portare al rafforzamento di nuovi modelli di convivenza anche in un periodo di «distanziamento» come quello attuale. Nella generale riconsiderazione del rilievo della responsabilità collettiva, i valori espressi dal sistema cooperativo in relazione all’abitare sociale rappresentano, concretamente, uno snodo di welfare. Se gli interventi di housing sociale sono stati elemento trainante delle iniziative destinate a garantire il diritto a una città accessibile e a migliorare la qualità della vita nei contesti urbani e nelle periferie, una serie di analisi hanno accompagnato questa operatività con momenti di dialogo e ascolto con le Cooperative di abitanti.
Con la finalità di tracciare un cammino culturale sui valori espressi dal sistema cooperativo negli interventi di housing sociale Legacoop Abitanti e il Dipartimento di architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito del Politecnico di Milano, hanno avviato nel 2017 un percorso di ricerca di cui si dà conto anche nel volume Cambiare l’Abitare Cooperando, pubblicato ora a cura di Rossana Zaccaria, Giordana Ferri e della docente Angela Pavesi del Politecnico, per l’editore Bruno Mondadori.
Condotto con Fondazione Housing Sociale e Finabita, lo studio incrocia competenze e saperi multidisciplinari, nonché la pluralità di punti di vista dei soggetti che operano a vario titolo lungo tutta la filiera, dalla finanza, alla ricerca, ai gestori impegnati sul campo, al contesto internazionale, fino ad arrivare alle comunità di abitanti. Dove la specificità della gestione cooperativa risiede nella capacità di coniugare orizzontalmente competenze diverse in un unico soggetto che, rappresentando l’anello di raccordo tra proprietà e inquilini, assume un ruolo centrale per la costruzione e la tenuta della comunità. (a. di sa.)

 

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