12 sedie schierate nella centralissima Sergels Torg a Stoccolma, di cui solo 4 occupate da persone vestite di nero e imbavagliate. È l’installazione realizzata domenica scorsa, in coincidenza con il World Press Freedom Day, per ricordare la vicenda di 12 giornalisti imprigionati in Eritrea nel lontano 2001. Di questi solo 4 sono ancora vivi. E ancora in attesa di processo. Tra loro il 54enne Seyoum Tsehaye, che nel 2002 fu protagonista di uno sciopero della fame. Secondo gli attivisti per i diritti umani sarebbe stato arrestato per i suoi articoli a favore della libertà di espressione, secondo il governo invece si sarebbe macchiato di «atti di sedizione, tradimento e di reati contro la sicurezza nazionale». Nel 2001 il governo di Isaias Afewerki ha chiuso praticamente tutti i media indipendenti. E ha rimandato le elezioni che si sarebbero dovute svolgere proprio quell’anno (non se ne è saputo più niente). Un altro giornalista nella stessa situazione è Dawit Isaak, doppia nazionalità eritrea e svedese. In Svezia, dove vivono 40 mila esiliati eritrei,  il sito della rivista «Expressen» pubblica un banner con gli anni, mesi, giorni, ore e minuti da cui Isaak aspetta un processo. Alla campagna che chiede la liberazione dei quattro si può aderire su onedayseyoum.com,