La legge di stabilità si è presa tutta la serata di ieri, per un consiglio dei ministri iniziato alle 19,54, dopo diversi rinvii (era stato convocato per le 15, successivamente è slittato alle 18). Un po’ a causa di un vertice sull’ebola, ma forse soprattutto perché per l’intera giornata si è tentato di “limare” un testo che appare azzardato. E dalle cifre crescenti: uscendo da Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi ha confermato che «sarà di 36 miliardi», ben 6 in più di quelli annunciati dallo presidente del consiglio all’assemblea di Confidustria di Bergamo.

Renzi ha confermato anche «una riduzione di tasse pari a 18 miliardi di euro», 10 dei quali sarebbero destinati agli 80 euro: a platea immutata, cioè i lavoratori dipendenti e assimilati che guadagnino fino ai 1500 euro netti al mese. Ma diventano una detrazione, quindi una minore entrata per lo Stato, e non più un’uscita. Voce per cui mancano all’appello però ancora 7 miliardi di copertura.

La spending review destinata ad alimentare la manovra sarebbe pari a 15 miliardi di euro.
Ieri sera non era ancora certo, ma pare confermata anche la norma sul Tfr. Avrebbe la forma di una sperimentazione, per 3 anni, e sarebbe destinata a tutti quei lavoratori che abbiano un’anzianità di almeno 6 mesi. Inoltre, la scelta sarebbe lasciata alla volontà del lavoratore.

Ancora, dal governo si fa sapere che non sono previste nuove tasse, ma misure di lotta all’evasione. Certo un refrain quasi scontato, e anche piuttosto propagandistico. Basta fare un esempio per capirsi: un’altra misura inserita nella finanziaria, sempre che sia confermata dal testo varato dal consiglio dei ministri (e che dovremmo conoscere oggi), è l’eliminazione della componente costo del lavoro dall’Irap, pari a 6,5 miliardi di euro. Soldi che sarebbero sottratti alle Regioni (l’Irap è una tassa regionale), che servono a finanziare la sanità, e che non si capisce come verranno coperti: appunto, si rischiano tagli, chiusure di ospedali, riduzione generale dei servizi.

Non a caso, ieri il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, lanciava l’allarme sulla possibile sottrazione di risorse preziose per le Regioni, che dovrebbero poi tamponare a loro volta inasprendo ancora di più le addizionali (già ai livelli massimi) o tagliando violentemente i servizi.

Ulteriori 500 milioni sarebbero destinati agli sgravi per le famiglie numerose: sostegni fino al terzo anno di età e esenzione dei ticket. Una “compensazione” rispetto all’annunciato decreto sulle nozze gay?

Un miliardo di euro servirebbe a sbloccare gli scatti stipendiali delle forze dell’ordine, dopo le proteste dei mesi scorsi.

Un altro miliardo andrebbe a finanziare gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato, la decontribuzione per i neoassunti nei primi 3 anni annunciata da Renzi: si andrebbe ad accoppiare così al contratto a tutele crescenti contenuto nel Jobs Act, in modo da rendere un po’ più “digeribile” lo svuotamento dell’articolo 18. Sempre su questo fronte, si stanzierebbero 1,5 miliardi per gli ammortizzatori.

Quanto alle fonti di copertura, la scure si scatenerà – come già detto – su ministeri, Regioni e Comuni (in quota parte anche dalle morenti Province), in una ripartizione che si dovrebbe capire meglio a testo già varato (la lievitazione a 36 miliardi rende superate le cifre circolate fino a ieri sera: 4 miliardi dalle Regioni, 4 dai ministeri, 1,5 dai Comuni, 0,5 dalle Province).

Protesta Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo, e annuncia iniziative di mobilitazione dell’Anci: «I sindaci sono costretti a portare le aliquote locali a livelli intollerabili».

Su un fronte positivo, però, potrebbe arrivare l’ok ad allentare il Patto di stabilità dei Comuni per un miliardo di euro, utile per avviare investimenti e piccole opere.

C’è la possibilità che si reperiscano altri fondi da un inasprimento fiscale sulla previdenza integrativa: si armonizzerebbe l’attuale prelievo (11,5%) a quello sui titoli di Stato (12,5%): e ieri Cgil, Cisl e Uil,preoccupate, hanno espresso unanimemente parere negativo.

Così come preoccupati si dichiarano i gestori delle slot, perché un miliardo di maggiori entrate sarebbe rastrellato pure da loro (tasse più alte: ma va ricordato che in passato queste attività hanno goduto di generosissime sanatorie fiscali).

Una maxi voce di copertura infine verrebbe dall’uso di 11,5 miliardi di margine sul deficit, restando però sotto la soglia del 3%.

I dubbi: potrebbero venire principalmente dalla Ue, che ha già mostrato perplessità e fatto filtrare la possibilità che la manovra venga rinviata al mittente. Inoltre per il Tfr, nonostante le rassicurazioni dell’Abi, non sembra ancora affatto scontato che si trovano coperture certe allo sborso delle imprese.