Bacurau è un piccolo villaggio sperduto nella natura selvaggia del nord-est del Brasile: lo abita una comunità povera ma profondamente unita. E sono proprio gli abitanti di questo paese immaginario, simile però a tanti altri che esistono davvero, i protagonisti del film di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles in concorso a Cannes: Bacurau. La storia si svolge in un prossimo futuro, distopico ma non troppo remoto, in cui i gringos – come li chiamano gli abitanti del villaggio – fanno le loro battute di caccia non più fra gli animali selvaggi dell’Africa ma nelle comunità più povere e isolate del Brasile, e Bacurau diventa l’obiettivo di un gruppo di turisti statunitensi in cerca di forti emozioni. Finché gli abitanti non decidono di reagire, in un’escalation di violenza che attraverso l’incontro di più generi racconta proprio il Brasile dei nostri tempi.

Come mai avete deciso di raccontare questa storia attraverso il genere?

Con tutti gli altri abbiamo lavorato nell’ambito del realismo sociale, ma in questo caso la vicenda stessa richiedeva il ricorso al cinema di genere. Specialmente l’alto livello di violenza, che può essere problematica nel cinema quando non ha un «peso morale», è priva di ogni senso. In questa storia invece è fondamentale, perché riflette anche la cultura delle armi che c’è nel nostro Paese e la violenza nei confronti di villaggi come Bacurau, considerati dei «buchi di merda». Non è solo la mentalità degli americani ma anche quella degli stessi brasiliani del sud-est, la zona più ricca del Paese che considera se stessa migliore, più dedita al lavoro e più «bianca».

A proposito di cultura delle armi, pochi giorni fa Bolsonaro ha firmato una legge che rende molto più semplice possedere, e usare, armi da fuoco.

Si calcola che in questo modo in Brasile ci saranno a breve 20 milioni in più di pistole, e naturalmente i titoli in borsa delle aziende che vendono armi sono schizzati alle stelle. Tante cose che stanno succedendo in Brasile da quando Bolsonaro è stato eletto sono talmente incredibili, e in linea con la violenza che raccontiamo, che potrebbero sembrare una trovata di marketing per il film.

Come pensate sia stata possibile l’elezione di Bolsonaro?

Un ruolo importante lo hanno avuto i media, la scarsa educazione e le nuove tecnologie. C’è stato un tempo in cui pensavo che oggetti come gli smartphone avrebbero avuto un ruolo positivo nell’evoluzione umana, oggi invece mi rendo conto di quanto sono dannosi: in primo luogo perché le persone informandosi esclusivamente su internet possono decidere di credere solo in ciò che vogliono.

Fra le tante forme di violenza, Bacurau racconta anche quella contro le donne.

La misoginia è una grave piaga in tutto il Sudamerica. Basta pensare a quanto è stato fatto contro la nostra ex presidente Dilma Rousseff, evidentemente innocente dalle accuse di corruzione che le sono state rivolte solo per avviare la procedura di impeachment. Talmente pretestuose che 48 ore dopo la sospensione di Rousseff è stata approvata una legge che rende impossibile, per i futuri presidenti, l’impeachment sulla base di accuse come quelle mosse contro di lei. E mentre veniva processata tanti brasiliani giravano con un adesivo sul serbatoio della macchina in cui era raffigurata lei con le gambe aperte. Una cosa disgustosa.

Per gli abitanti di Bacurau, il piccolo museo del paese ha un ruolo molto importante.

È stata una scelta precisa perché l’importanza della Storia è molto sottovalutata ultimamente, forse perché non ha abbastanza appeal commerciale. Ma è la storia a spiegarci perché le cose sono come sono, e che gli esseri umani continuano a ripetere di continuo gli stessi errori.