Chiuse le urne, da Roma è arrivato un segnale chiaro. Diretto a Matteo Renzi. Il primo a darlo è stato Massimiliano Smeriglio, membro del coordinamento nazionale di Sel e vicepresidente della Regione Lazio: «La vittoria di Francesco Pigliaru in Sardegna è la vittoria del centrosinistra con un ruolo determinante di Sel e di tutta la sinistra. Un successo che dimostra, come in tante altre realtà in tutta Italia, che il centrosinistra unito, credibile e radicalmente alternativo alla destra, vince. L’anomalia continua ad essere il governo nazionale, dove dall’autunno del 2012 si va avanti con le larghe intese e la strada intrapresa dal segretario Renzi porta ancora esattamente in questa direzione. Il nuovo centrosinistra deve invece ripartire dalla ricchezza dei territori e dall’alternativa di governo».

In Sardegna Sel ha raggiunto il 5,18 per cento dei voti; Rifondazione e Pdci insieme il 2,03; i Rossomori (autonomisti di sinistra) il 2,63 per cento. In totale fa il 9,84 per cento. Quanto basta, vista la quasi perfetta concordanza tra voto complessivo della coalizione (42,45 per cento) e voto al candidato presidente (42,50), per poter affermare che senza i voti della sinistra Pigliaru non ce l’avrebbe fatta.

Valutazione sulla quale concorda Massimo Zedda, classe 1976, eletto nel 2011 sindaco di Cagliari. Zedda divenne candidato del centrosinistra dopo aver battuto nelle primarie, proposto di Sel, il candidato del Pd Antonello Cabras. Dopo aver battuto il Pdl in una città tradizionalmente di destra, guida ora una maggioranza, che comprende anche il Pd, impegnata ad attuare un programma fortemente connotato a sinistra.

Che valutazione dà dei risultati delle regionali in Sardegna?

Sono un’indicazione importante contro lo strabismo di chi continua a pensare, nel centrosinistra, che la direzione verso la quale bisogna guardare sia il centro dello schieramento politico. Con la sinistra si vince. Lo abbiamo dimostrato nel 2001 a Cagliari e lo abbiamo dimostrato di nuovo il 16 febbraio in tutta l’isola.

Sel ha pesato in campagna elettorale?

Ha pesato Sel, ma anche tutta la sinistra: Rifondazione, Pcdi e Rossomori. Uno schieramento che, anche se distribuito su tre liste, ha avuto un ruolo importante nell’indicazione di obiettivi programmatici chiaramente di sinistra, rispetto ai quali dobbiamo dire che Pigliaru ha mantenuto una linea di coerenza.

Quali obiettivi?

Il lavoro, innanzitutto. La Sardegna vive un’emergenza drammatica, con tassi di disoccupazione giovanile che non sono tollerabili. Ai giovani che non hanno futuro bisogna restituire una prospettiva concreta di occupazione. Ma poi anche l’istruzione, obiettivo che è strettamente legato a quello del lavoro. Una delle chiavi per uscire dalla crisi è puntare sulla qualificazione e sulla riqualificazione del lavoro. Su questo c’è tanto da fare. E non bisogna perdere altro tempo. E ancora la tutela dell’ambiente e la valorizzazione del patrimonio artistico e archeologico, che per la Sardegna possono essere una fonte importante di rilancio economico. Ma anche la battaglia per liberare la nostra regione dal carico gravosissimo delle servitù militari, che non sono avvelenano il territorio ma frenano lo sviluppo di enormi porzioni dell’isola.

Che cosa pensa del 48% di elettori sardi che si sono astenuti?

Penso che dicano che c’è un enorme problema di rinnovamento della politica. Innanzitutto in senso generazionale. Sel ha candidato molti giovani in queste regionali. Molti li abbiamo eletti nei consigli comunali in ogni parte dell’isola. E’ la direzione giusta. E poi la politica ha bisogno di partecipazione e di trasparenza, di competenza e di onestà. Se agli elettori si dimostra che su questa strada si vuole procedere con determinazione e con coerenza, io credo che si possa ricucire un rapporto che, l’astensione altissima lo dimostra, in questo momento è gravemente compromesso.