Altro che Regionali. Oggi è in gioco una partita nazionale. Non solo politica, ma anche personale. Quasi una resa dei conti, sia a sinistra che a destra.
Dopo un anno di governo renziano, vengono messe alla prova le scelte istituzionali, le riforme del lavoro e della scuola, le battaglie interne al Pd. Per il segretario-presidente è il primo vero banco di prova per confermare la sua doppia leadership. Nel Paese e nel partito. Lui lo sa bene, anche se negli ultimi giorni ha giocato al ribasso, prima indicando come obiettivo la vittoria di sei regioni su sette, poi scendendo all’Italia-Germania 4 a 3, infine sminuendo il peso nazionale del voto amministrativo.

Per la destra la partita non è solo interna a Forza Italia (gli attacchi di Fitto a Berlusconi, la perdita di consenso, il crollo d’immagine segnano la caduta del vecchio impero di casa Arcore), ma soprattutto nello scontro che si delinea tra le diverse forze in campo, dove al momento prevale mediaticamente la violenza fascio-leghista di Salvini.

Accanto a questa tripla resa dei conti, gioca una partita a sé il Movimento 5 Stelle, che dopo i “felpati” passi indietro di Grillo sembra avviato su un percorso politico meno isolazionista, più orientato a cogliere le occasioni di confronto e di battaglia parlamentare con le altre opposizioni. Negli ultimi mesi hanno segnato dei punti a loro vantaggio con una presenza parlamentare anche propositiva, come è successo nella legge sugli eco-reati.

C’è una partita poi altrettanto importante che coinvolge le forze, i movimenti, le persone della sinistra che cercano di ricostruire un consenso, di alimentare la partecipazione nelle realtà locali anche confortati dai recenti risultati elettorali spagnoli. E in questa prospettiva si muove quella parte della minoranza del Pd che al momento cammina in ordine sparso. Tuttavia sia in Liguria (con Pastorino), che in Toscana (con Fattori), che nelle Marche e in Campania (con Mentrasti e Vozza), che altrove con le liste della sinistra, c’è una occasione importante per lasciare il segno.

Oltre gli aspetti politici generali, è in primo piano la questione squisitamente amministrativa perché le regioni rappresentano il luogo più esposto al malgoverno e al malaffare. Non a caso ha assunto rilevanza, perfino eccessiva, la presentazione dei 16 candidati «impresentabili». Proprio nei territori si registra con forza il malcontento dei cittadini (come è accaduto in Emilia Romagna) che usano l’arma più dirompente per i partiti: astenersi dal voto. La forza delle democrazie si registra proprio su questo aspetto. Che Renzi snobba e non tiene in alcun conto. Ma qui si misura la protervia di chi ci governa e proprio per questo bisognerebbe andare a votare: per punire la sua arroganza.