Cento sono le parole «per la mente», selezionate da Giulia Cogoli, direttrice del Festival della Mente, per i lettori. Si tratta di termini più o meno importanti su cui ruota la nostra fantasia, la creatività, il mistero dell’intelletto umano; in 100 parole per la mente (Laterza, pp. 110, euro 10) si possono trovare tutte in ordine alfabetico. Ogni parola è scelta e «adottata» da un autore diverso, che esprime la sua idea nel breve spazio di una pagina.

La bellezza di questo libro è la caoticità: si può leggere rispettando l’ordine alfabetico oppure si può aprire in maniera casuale, si possono creare associazioni di idee, si può recitare in piedi e si può leggere in silenzio, si può scegliere la propria parola preferita. La libertà lasciata agli autori è assoluta, e così il lettore si trova davanti cento testi eterogenei, talvolta filosofici, ma anche comici, poetici e narrativi. Certo, in una pagina è impossibile spiegare in maniera esauriente concetti come il «Tempo», il «Potere», la «Vita», il «Dolore» ecc., quindi appare subito chiaro il tentativo di focalizzare l’attenzione su un particolare dell’universo che ruota attorno alla parola. Lo zoom è ampliato all’estremo, certe volte l’immagine che ne esce è sfocata, altre volte è curiosa, spesso è inaspettata. Lo scopo principale di questo lavoro è far pensare; ciò che viene scritto sul singolo vocabolo passa in secondo piano rispetto al rapporto dialettico che si instaura fra il lettore e le parole. Tra i tanti modi di leggere questo libro c’è anche solo quello di sfogliarne l’indice per scoprire quale sarà la voce successiva, se alcuni termini meritano una breve dissertazione (come «Poesia», «Uomo», «Intelligenza»), altri sembrano capitati lì quasi per caso. Ed ecco che dopo «Futuro» segue «Giardino», prima di «Parola» c’è «Pancia» e così via, in un curioso elenco che ha un lato comico e uno geniale. Il filo conduttore che lega tutti questi concetti o, in altri termini, la tematica in base alla quale ogni scrittore ha scelto la propria parola è legata al processo creativo che nasce in ambito lavorativo. Ogni vocabolo è, insomma, il ponte che collega il singolo (nello specifico l’autore) alla società, e si rifà in qualche modo alle varie conferenze che si sono tenute durante il Festival. La parola cardine, ovvero «Idea», è stata invece selezionata tra le tante definizioni arrivate al Festival da «cittadini comuni».

Il format della scelta delle parole non è nuovo, è stato testato già da un pubblico televisivo con il programma Quello che (non) ho, ma l’esperimento che qui si tenta è di matrice nettamente diversa: agli autori non solo viene data una specifica traccia per la scelta della parola, ma hanno anche uno spazio brevissimo, una pagina, per scrivere tutto ciò che hanno da dire. Come i social network hanno insegnato negli ultimi anni, lo spazio ristretto può cambiare radicalmente tutto il messaggio. Nel libro accade la stessa cosa, gli autori non possono andare a ruota libera, ma devono selezionare per il lettore, fare una cernita per portare alla luce il cuore di un ragionamento. È proprio per questo che molti degli autori del progetto scelgono percorsi alternativi piuttosto che cercare di scrivere un mini-saggio lungo una pagina; questa scelta rende ogni pagina imprevedibile e unica rispetto alle altre.

Il coro è intonato, qualche stonatura è inevitabile, ma, se si ha fortuna, si può aprire il libro sulla parola giusta e riconoscersi in essa, leggerla come un’idea che è particolarmente sentita. Alcune parole non perdono l’accademicità data dallo status di alcuni degli autori, ma il loro sapore pesante viene presto armonizzato dalla brevità della pagina e da tutte le altre parole intorno. È un viaggio che parte da «Albero» e finisce con «Volontà», almeno per i più lineari dei lettori, è un’interessante passeggiata attraverso altre menti per riscoprire la propria.