Secondo la corte d’appello di Cagliari, il Movimento 5 Stelle non ha un vertice riconosciuto legalmente istituito. Questo è il succo della decisione con la quale è stato rigettato il ricorso presentato dal reggente Vito Crimi contro la nomina di un curatore che fungesse da responsabile legale del M5S, in attesa che una dirigenza legittima venisse eletta.

LA NOTIZIA COMPLICA l’ascesa alla leadership di Giuseppe Conte perché adesso ci si aspetta che la procura esorti l’attuale commissario o il garante Beppe Grillo a indire le consultazioni per l’elezione dell’unico organo dirigente attualmente riconosciuto dal punto di vista dello statuto, così come deciso agli Stati generali dello scorso novembre. E non si tratta della nomina a capo, con pieni poteri, alla quale l’ex presidente aspira ma della direzione collegiale che era stata immaginata sei mesi fa, quando il M5S era minato dagli scontri interni e si era scelto un cambio di passo sulla governance.

TUTTO CIÒ, oltre a invalidare le espulsioni comminate da Crimi all’indomani della fiducia al governo Draghi e rinfocolare vecchi scontri, si intreccia con le altre beghe che deve affrontare Giuseppe Conte, anch’esse a cavallo tra legale e politico.

LA PRIMA RIGUARDA la separazione con la piattaforma Rousseau, sulla quale negli ultimi giorni dal M5S trapelava ottimismo ma che rischia di complicarsi. Pareva che tutto potesse risolversi con una formula consensuale, con un accordo economico, ma a giudicare dal comunicato diramato da Rousseau dopo la sentenza le parti sembrano allontanarsi. Rousseau rivendica che gli atti compiuti dall’attuale gestione, a partire dal nuovo codice interno che disciplina le faccende economiche, siano illegittimi e chiede che venga subito eletto l’organismo direttivo previsto dallo statuto.

Da Milano, insomma, invitano «chiunque decida di impegnare il Movimento 5 Stelle rispetto a qualunque atto di ordinaria o straordinaria amministrazione» a parlare «a titolo personale». In che modo debba essere scelto il capo politico legittimo è tutto da scoprire, visto che con la situazione attuale difficilmente l’associazione di Davide Casaleggio accetterebbe di consegnare l’elenco degli iscritti da convocare per il voto al M5S. Ed è altrettanto complicato per i 5 Stelle tornare a Canossa e affidarsi alla piattaforma Rousseau per sbrogliare la matassa.

IN QUESTO CONTESTO, non mancano i malumori dei parlamentari. Chiedono maggiore coinvolgimento e pretendono di mettere bocca nella riorganizzazione. Questo significa che Conte deve decidere che fare del tetto dei due mandati e le voci delle scorse ore che parlano di possibili «deroghe ai meritevoli» hanno l’effetto nefasto di scontentare sia quelli che chiedono che la regola resti in vigore che gli eletti al secondo giro, che a questo punto dovrebbero combattersi un posto tra quelli degni di ritornare in lista.

Il Movimento 5 Stelle negli ultimi anni è riuscito ad emanciparsi da Rousseau costruendo un’infrastruttura informale che ricalca l’assemblea congiunta di deputati e senatori. In questo modo ha sviluppato l’anomalia per cui dirigenti ed eletti nelle istituzioni di maggior peso coincidono.

Il che significa che non è affatto detto che Conte riesca a prenderne il timone bypassando questo corpo intermedio che avanza richieste non univoche e difficilmente conciliabili.

ANCHE PER QUESTO, le comunicazioni ufficiali fanno propria la linea degli avvocati della difesa e cercano di sminuire il peso della sentenza di Cagliari, di circoscriverla alla vicenda specifica nella quale è nata: l’espulsione di una consigliera regionale.

«Quella della Corte d’Appello di Cagliari non è una decisione di ‘merito’ ma solo una soluzione a carattere processuale, adottata in camera di consiglio – dichiara ad esempio Vittoria Baldino, deputata M5S e capogruppo in commissione affari costituzionali – Non ha riflesso sulla legittimazione del capo politico ma solo sul procedimento in atto e ha uno scopo strettamente strumentale al processo. In più la magistratura ha espressamente legato l’ambito del proprio intervento salvaguardando l’autonomia politica del Movimento. Pertanto non può in alcun modo essere disconosciuto il ruolo di Vito Crimi come rappresentante politico del Movimento 5 Stelle».