Agosto profuma anche di tiglio a Pescasseroli e ha il suono degli zoccoli ferrati sull’asfalto che si attutisce man mano che ci si addentra su per i sentieri del Pnalm – Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In questo «laboratorio del benessere e dello sviluppo sostenibile» che nel 2023 si avvia a celebrare i cento anni, grazie alla voce del noto e visionario concittadino Benedetto Croce che nel lontano ’22 si espresse a difesa del paesaggio naturale in quanto «rappresentazione materiale e visibile della Patria», dando vita alla specifica legge 778/1922 (abrogata e sostituita dalla legge n. 1497 del 29 giugno 1939) per la tutela delle bellezze naturali con il vincolo di porzioni limitate di territorio e di singoli beni ambientali da proteggere.

L’attualità delle parole di Croce – cambiando solo il termine (e il concetto) di patria con collettività che contempla un orizzonte più ampio e libero – è evidente in quella stessa lungimiranza dettata dall’amore incondizionato per un patrimonio di cui, nel tempo, è stato riconosciuto l’incommensurabile valore. Il Parco, infatti, ha il primato di essere il più antico d’Italia e uno dei più longevi d’Europa, popolato da centinaia di specie di fauna (non a caso il simbolo è l’orso bruno marsicano) e flora, tra cui le Foreste Vetuste riconosciute nel 2017 Patrimonio Unesco.

Il rapporto uomo-natura è ulteriormente rafforzato dal progetto Arteparco- L’arte della natura, nato dall’intuizione di Paride Vitale, in collaborazione con l’Ente Parco, il Comune di Pescasseroli e Parco 1923, marchio di profumi ispirato alle piante e ai fiori del Pnalm, e realizzato con il supporto di BmwItalia e Sky Arte, avvalendosi del patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Per la terza edizione, dopo le due opere site specific Animale – Vegetale (Il Cuore) (2018) dell’artista-designer Marcantonio e (specchi angelici) (2019) di Matteo Fato accompagnata dal testo di Gianni Garrera è stato selezionato Alessandro Pavone (Trento 1973) con Un tempo è stato (2020), opera visibile dal 1 agosto 2020.
Installazioni che sono state progettate non solo per instaurare un dialogo con la natura circostante e un pubblico molto più eterogeneo dei soliti addetti ai lavori, ma per essere assorbite – nel tempo – dal paesaggio stesso, lasciate al loro destino. Pavone che si è diplomato in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, collaborando in passato con Robert Wilson a progetti di light design e set design, dopo aver fatto il sopralluogo percorrendo i sentieri C1 e C2, ha pensato di creare un ulteriore trait d’union con la sua terra, il Trentino Alto Adige, sebbene così diversa dal territorio abruzzese, partendo dal tema comune della precarietà della vita.

Ha scelto un tronco di larice secolare sradicato nel 2018 dalla tempesta di Vaia in Trentino e recuperato con il supporto del servizio di custodia forestale del comune di Folgaria, trattando la superficie e la materia nel rispetto delle sue peculiarità, ma utilizzando anche delle tecniche di costruzione per realizzare la grande mano con polso e avambraccio che ha adagiato all’interno della Foresta Vetusta. «Mentre lavoravo nel mio studio ho sempre pensato al terremoto», ha affermato l’artista riflettendo contemporaneamente anche sul significato vitale che assume la forma stessa della mano che nella sua scultura non è inerte, ma accenna ad un possibile movimento attraverso la presenza delle dita e del polso.
Le diverse parti lignee, dopo essere state sagomate nello studio, sono state trasportate in loco e assemblate utilizzando sia il sistema d’incastro a coda di rondine che le barre di ferro.

Tra le dita della mano i bambini di Pescasseroli pianteranno un albero in occasione della prossima Giornata nazionale degli Alberi, il 21 novembre di quest’anno, ulteriore sguardo sul futuro. Alessandro Pavone delega alla mano un ruolo fondamentale nel processo creativo. Una mano che ristabilisce i confini della riconciliazione e della solidarietà, idealmente vicina alla Mano aperta di Le Corbusier.