Il tema delle uccisioni extragiudiziali è antico e storicamente presente in Kenya fin dall’indipendenza. Ricordo una casa sulla Naivasha road a Nairobi dove venivano portati gli oppositori del regime di Arap Moi, un edificio apparentemente senza porte e senza finestre, isolato dove però la notte si sentivano urla. Ma veniva letto come una delle tante violenze del regime così come le uccisioni dei suspects nelle baraccopoli.

Oggi emergono altre morti legate alla lotta al terrorismo. È infatti, notizia di queste ore l’indagine svolta da parte del sito specializzato declassified-UK della presenza in Kenya di una squadra di paramilitari autorizzata a «neutralizzare» obiettivi. È il caso di Mohamed ‘Modi’ Mwatsumiro, 45 anni di professione tassista, presunto esponente di Al Shaabab ucciso il 30 agosto 2019: era sospettato di essere collegato a uno dei kamikaze dell’attacco al complesso alberghiero DusitD2 di Nairobi avvenuto nel gennaio 2019, dove persero la vita 21 persone.

Alle 4 del mattino ha bussato alla sua abitazione nella cittadina di Ngombeni sulla costa, un commando di paramilitari keniani del Rapid Response Team (Rrt) con fucili d’assalto M4 e pistole Glock di fabbricazione statunitense e ha portato a termine l’operazione nonostante Modi abbia lanciato contro i militari una granata che non è esplosa. È una delle molte operazioni realizzate nei suoi 16 anni di attività dalla Rrt.

A fine anni ’90, la preoccupazione per la lotta al terrorismo aveva spinto il governo americano verso la ricerca di azioni di contrasto, l’idea era di costituire un centro multi-agenzia per l’antiterrorismo, ma la grande rivalità (e i sospetti) tra le diverse forze militari e di polizia keniane aveva portato solo frustrazione. Nacque così l’idea di una forza distaccata paramilitare, la Rrt, che secondo documenti svelati da declassified-UK è stata istituita, equipaggiata e addestrata dalla Cia.

IL TEAM È STATO ISTITUITO all’interno di un programma segreto della Cia, iniziato nel 2004, è gestito da un ufficiale di collegamento presso la sede di Nairobi dell’ambasciata degli Stati uniti. In base a una serie di interviste ad agenti della Cia e militari keniani e paramilitari è emerso che la squadra è stata responsabile della cattura di sospetti terroristi di alta pericolosità, ma anche di omicidi e presunte esecuzioni sommarie.

La creazione della Rrt è stata «una soluzione indigena a un problema indigeno» ha spiegato un ex alto funzionario della Cia. Le azioni della Rrt sono guidate da informazioni di intelligence fornite dalla Cia e dal National Intelligence Service (Nis) del Kenya. Tuttavia, diverse fonti diplomatiche, di intelligence e di polizia hanno affermato che anche il servizio segreto britannico (MI6) svolge un ruolo chiave nell’identificazione, nel monitoraggio e nella fissazione della posizione degli obiettivi, nonché nelle decisioni che determinano il loro destino: uccisione o cattura.

L’EX VICE CAPO-OPERAZIONI del Centro antiterrorismo della Cia, Henry Crumpton, ha spiegato la natura della guerra al terrorismo in Kenya. «È un conflitto di altro tipo, una guerra che ha come guida l’intelligence».

Il rapporto post-mortem di Modi fa riferimento a sette ferite da arma da fuoco. Secondo Khelef Khalifa, presidente dell’organizzazione keniana per i diritti umani Muhuri, «quando avvengono queste uccisioni extragiudiziali, i musulmani si sentono sotto assedio: non riescono a capire perché il governo non possa arrestare queste persone e portarle in tribunale, invece di ucciderle». Tuttavia, la Rrt non sarebbe un kill team. L’uccisione sarebbe un’opzione solo in caso di persona armata e pericolosa.

IL 28 OTTOBRE 2012 è stato ucciso in un’incursione Omar Faraj. Probabilmente per errore, il vero ricercato sarebbe stato il sospetto terrorista Fuad Abubakar Manswab. Un fatto che segnala un cambiamento nelle priorità della Rrt. Inizialmente il team era stato addestrato per catturare sospetti terroristi, arrestarli, interrogarli e se necessario consegnarli ad altri paesi, ma a metà del primo mandato del presidente Obama, la difficoltà di catturare i sospetti ha fatto prevalere l’opzione kill. Questo perché, secondo un ufficiale keniano, dopo il 2011, da quando le forze keniane sono entrate in Somalia e il Kenya è diventato un obiettivoper Al Shaabab, i ricercati sono sempre più armati e pericolosi.

«Quando siamo stati addestrati, ci è stato insegnato che i diritti umani vengono dopo» ha dichiarato un ex membro della Rrt. Uno studio dell’Independent Medico-Legal Unit, organizzazione senza scopo di lucro che monitora la condotta delle forze dell’ordine, ha registrato 1.873 morti per armi da fuoco in sei aree urbane del Kenya tra il 2009 e il 2014 ; di questi quasi due terzi sono attribuibili alla polizia. I dati più recenti mostrano un calo delle esecuzioni extragiudiziali negli ultimi cinque anni, ma sono ancora oltre 100 all’anno.

COME HA SPIEGATO ancora l’ex Cia Henry Crumpton, «si può dire che il programma antiterrorismo in Kenya abbia ha avuto successo, ma la pace non ha vinto. Puoi fare grandi operazioni, avere ottime forze dell’ordine, una grande cooperazione militare, ma se non hai una politica che pensa a lungo termine, sarai impegnato sempre nelle stesse operazioni, nelle stesse contrade, nelle stesse zone di confine e nelle stesse valli». Certe volte anche la Cia può aver ragione.