Siccome l’Italia va girata proprio tutta, per santificare questo centenario, quando il gruppo va di fretta fa quello che fanno gli italiani da cinquant’anni a questa parte, prende l’autosole.

Non era mai successo.

Da Forlì, sede di partenza, si riattraversa la linea gotica al contrario, si punta il Mugello, e da lì si risale per Bologna imboccando l’autostrada. Un po’ come se un tapis roulant d’asfalto, sorretto da piloni di cemento e protetto da guardrail e ginestre, proiettasse i corridori verso Bologna, dove li aspetta una lunga linea retta fino a Reggio Emilia.

Attraversare la Padania, tra cascine quadrate, stalle e campi di foraggio, con gli immancabili alberi di gelso a far loro da confine, vuol dire ripercorrere la storia del socialismo di casa nostra, che a differenza d’altre latitudini non nacque operaio, ma contadino.

Dalla capitale, Reggio, e dai borghi nei dintorni, partirono a fine ’800 schiere di avvocati, medici condotti, maestri elementari, a diffondere la nuova dottrina, che per la prima volta da secoli parlava la stessa lingua della povera gente. Che infatti la comprese al volo, come se non aspettasse altro, e la tradusse in istituzioni partorite direttamente dalla propria esperienza e dalla propria fantasia: un micromondo di cooperative di braccianti e muratori, leghe, uffici di collocamento, scioperi e comuni popolari.

Una rivoluzione, al di là del riformismo o massimalismo di questa o quella lega, guidata in prima persona da quei subalterni che avevano sempre subito le grandi trasformazioni, e che ora le imponevano. Il fascismo italiano fu, in gran parte, una reazione e quest’atto di insubordinazione.

Oggi la via Emilia era un lungo tappeto rosso che si srotolava, mano a mano che il traguardo si faceva più vicino, ai piedi del re delle volate di questo Giro, Fernando il Magnanimo.

Gaviria non delude, esce pulito dalla scia di Richeze, gregario anche lui venuto dagli antipodi, e si mette alle spalle il resto della compagnia, per la gioia della rumorosa e variopinta comitiva dei giornalisti colombiani assiepata sul traguardo.

Nella città della bandiera gli italiani restano una volta di più digiuni di vittorie. Si fa onore il battuto di giornata, Jacub Mareczko, polacco di Puegnago del Garda a cui è affidato il futuro degli sprinter tricolori.

Domani a Tortona si replica nell’ultima occasione concessa alle ruote veloci.

Poi il gruppo andrà in pellegrinaggio a casa Coppi, e da lì ricomincerà le arrampicate.