Il problema numero uno è il contagio «a raggio corto». I dati sul tavolo del vertice dei capidelegazione dei partiti al governo, convocato per venerdì poi slittato di 24 ore e riunitosi ieri con presenti anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro e il ministro delle Regioni Francesco Boccia, dicono che il principale vettore del contagio è questo. È dunque qui che dovrà intervenire il Dpcm che sarà ufficialmente varato il 15 ottobre. Significa che i protocolli vengono rispettati e funzionano nelle occasioni pubbliche, al lavoro, nei negozi, nei convegni, nelle mostre. Ma quando ci si ritrova con gli amici o in famiglia la guardia si abbassa e le mascherine pure, la distanza si accorcia, il contagio si allarga.

INTERVENIRE BISOGNA, altrimenti il rischio di lockdown generale o almeno di lockdown locali molto pesanti diventa concretissimo, e le mascherine obbligatorie per strada, da questo punto di vista, servono a ben poco. Le opzioni in campo sono parecchie. Certamente verrà presa di mira la «movida», ma sull’orario anticipato di chiusura ancora non c’è un punto fermo. Non sarà un fronte essenziale come scuola e produzione, ma è un settore nevralgico anche quello e imporre una chiusura troppo anticipata significherebbe metterlo definitivamente in ginocchio. Le 24 potrebbero essere una buona mediazione. Sugli assembramenti di fronte a bar e locali dalle 21 in poi, ma anche di fronte alle scuole, invece, si procederà drasticamente. Per le feste, come matrimoni e affini, gli inviti verranno limitati a un massimo di 30. Teatri e congressi non potranno ospitare più di 200 persone.

IL TAGLIO DELLA «MOVIDA» dovrebbe incidere sul «raggio corto» di cui sopra ma il cuore del problema restano gli incontri privati. Non è escluso il divieto di ricevere troppe persone, con tetto a 10 o 20 convitati. Ma il governo stesso è consapevole di non poterlo far rispettare, salvo invito a una delazione di massa, dunque alla fine potrebbe saltare. Dovrebbe ripartire, pur se non ai livelli della primavera scorsa, lo smart working, o lavoro da casa che dir si voglia, e non è esclusa la limitazione delle tavolate al ristorante, già presente nelle disposizioni adottate per la provincia di Latina, a un massimo di 6 commensali.

Nel ventaglio di ipotesi ci sono misure più draconiane. L’abbassamento della soglia delle presenze negli stadi, riduzione dell’orario in presenza nelle scuole, limiti agli spostamenti tra Regioni, riduzione della capienza consentita negli autobus, attualmente all’80% della potenzialità. Decisioni del genere sono però meno probabili. Dei trasporti il premier Conte ieri non ha voluto parlare in assenza del ministro competente, ma persino il ministero della Salute, Roberto Speranza, roccaforte dei rigidi, riconosce che la diffusione del contagio sui mezzi di trasporto appare limitata. Anche le altre limitazioni di serie A sono in forse, perché se è vero che la marcia dei contagi è preoccupante, anche se ieri meno che nei tre giorni precedenti, è anche vero che gli ingressi nelle terapie intensive sono ancora al di sotto del livello di guardia.

MOLTO AL DI SOPRA di quella soglia è invece l’emergenza gestionale, con la diagnostica in molte regioni al collasso. La formula che il governo adotterà per provare a decongestionare il quadro e sciogliere il nodo delle code interminabili e dei tempi di risposta troppo lunghi sarà affidare ai medici di base e ai pediatri il tampone rapido e forse, se possibile, anche il molecolare, necessario quando la diagnostica veloce dà esito positivo.

Il vertice di ieri è stato ancora interlocutorio. Nessuna vera decisione è stata ancora assunta. Importante sarà l’incontro con il Comitato tecnico-scientifico convocato per oggi da Speranza. Affronterà appunto la questione dei tamponi e la riduzione degli indicatori adoperati per monitorare l’epidemia, dai 21 attuali a 5, ma senza dubbio tratterà anche le misure da inserire nel Dpcm. Il confronto tra chi insiste per una stretta maggiore, come Speranza, e chi invece preferisce evitare scelte troppo drastiche, come lo stesso Conte, è fissato per domani. L’ultima parola spetterà infatti al governo, che per domani ha in programma la riunione finale, nella quale dovrebbe essere messo definitivamente a punto il testo da varare poi tra mercoledì e giovedì prossimi.