«Un singolo volo spaziale, come quelli organizzati dalle agenzie private per i super-ricchi, è responsabile di più emissioni di quante prodotte dal miliardo di persone più povere del pianeta in un anno». Nafkote Dabi, responsabile delle politiche climatiche di Oxfam, ha commentato così i dati diffusi ieri dal rapporto «Carbon inequality in 2030», diffuso dall’organizzazione non governativa per aprire un altro tema nell’agenda della COP26 di Glasgow, quello della disuguaglianza climatica.

I termini della questione sono, apparentemente, semplici: nel piccolo si stima che le emissioni di carbonio per passeggero per un volo spaziale di 11 minuti siano di almeno 75 tonnellate, mentre il miliardo più povero di abitanti della Terra emette meno di una tonnellata di carbonio all’anno.

IN GRANDE: NEL 2030, le emissioni di CO2 in atmosfera prodotte dall’1% più ricco della popolazione mondiale saranno 30 volte superiori ai livelli sostenibili per limitare l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C rispetto all’era pre-industriale.

Se guardiamo invece alle emissioni globali totali, lo studio – realizzato da Oxfam in collaborazione con l’Institute for European Environmental Policy (Ieep) e lo Stockholm Environment Institute (Sei) – stima che l’1% più ricco, cioè 80 milioni di persone, poco meno della popolazione tedesca, tra meno di 10 anni sarà responsabile di ben il 16% delle emissioni globali, mentre nel 1990 rappresentava il 13% del totale e nel 2015 il 15%.

Che cosa significa tutto questo? Che andando avanti sulla strada intrapresa sino a oggi, nel 2030 le emissioni totali di cui sarà responsabile da solo il 10% più ricco del mondo supereranno la quota di emissioni tollerabili per scongiurare l’aumento delle temperature al di sopra di 1,5°C, obiettivo cruciale per il presente e il futuro prossimo del pianeta, inserito negli Accordi di Parigi del 2015 e confermato al recente G20 di Roma. E questo avverrà indipendentemente da ciò che farà il restante 90% dell’umanità.

I LIVELLI DI EMISSIONI prodotti dalla metà più povera degli esseri umani, infatti, saranno ancora molto al di sotto di quanto sostenibile per limitare l’aumento delle temperature entro 1,5°C, mentre questo manipolo di ricchissimi dovrebbe ridurre le proprie emissioni del 97% rispetto a quelle attuali. Per capire se anche voi fate parte delle categorie «1%» o «10%», considerate che il reddito annuo dei primi è pari a 172mila dollari, quello dei secondi di 55mila dollari.

«Viviamo in un mondo in cui una ristrettissima élite sembra avere il permesso di inquinare senza limiti. Le emissioni del 10% più ricco da sole, potrebbero spingerci verso un punto di non ritorno e a pagarne il prezzo più alto, ancora una volta, saranno le persone più povere e vulnerabili del pianeta, che a causa dell’impatto del cambiamento climatico, stanno già affrontando eventi climatici sempre più fuori controllo, fame, carestie e miseria» ha specificato Nafkote Dabi.

I DATI ANALIZZATI ed elaborati da Oxfam sono quelli dell’Emissions Gap Report 2021, diffuso dall’Unep alla fine di ottobre: l’agenzia Onu per l’ambiente stima che le emissioni globali totali dovranno scendere a circa 18 Gt CO2 (25 Gt CO2e) all’anno entro il 2030, su un percorso verso zero emissioni nette entro la metà del secolo, al fine di avere una ragionevole possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Ciò equivale a circa 2,3 tonnellate di CO2 per persona all’anno nel 2030.

Tra tante promesse non mantenute, «Carbon inequality in 2030» considera anche gli effetti positivi dell’Accordo di Parigi: il 40% della popolazione mondiale è già sulla strada per arrivare a un taglio delle emissioni pro-capite del 9% tra il 2015 e il 2030. Questo dato rappresenterebbe un punto di svolta, considerando che si tratta in gran parte di cittadini di Paesi a medio reddito come Cina e Sudafrica, che tra il 1990 e il 2015 hanno invece fatto registrare gli aumenti più rapidi di emissioni pro-capite.