Un lungo viaggio attorno ad Amleto, ma anche con e attraverso la creatura shakespeariana. Un percorso iniziato da tempo nelle periferie romane e ora in scena all’Argentina (fino al 9 dicembre), è il lavoro compiuto in questi ultimi anni da Giorgio Barberio Corsetti, responsabile artistico del Teatro di Roma, unico rimasto sulla tolda dell’ente, dopo la nomina di un commissario che dovrebbe traghettare lo stabile romano alla trasformazione in fondazione (e c’è da confidare molto nel sindaco Gualtieri e nell’assessore Gotor che non succedano pasticci o vendette di piccolo cabotaggio).

AMLETO È DA SECOLI il rappresentante primo, l’essenza stessa del teatro. Alla tragedia più cruda dell’assassinio del padre da parte del fratello per succedergli, alle congiure di corte e agli amori impossibili, il personaggio risponde con la sua apparente «follia», che è poi il teatro, e con una compagnia di attori riuscirà infatti a «rappresentare» e denunciare l’inganno, verso un finale e purificatorio bagno di sangue. Una trama arcinota per ogni spettatore, che viene in qualche modo «ribaltata» dalla rappresentazione di Barberio, con le parole della bella traduzione di Cesare Garboli. Amleto stesso diventa il narratore, quasi in un lungo racconto (a tratti volutamente arbitrario, nella scelta e nello spessore delle scene) che evoca una seduta analitica, di tutto quanto è successo nella reggia di Elsinore, seguendo il filo del proprio punto di vista. L’ordine degli episodi può così essere a tratti scardinato, alcuni vengono appena evocati, altri analiticamente rappresentati. Dentro una macchina scenica (di Massimo Troncanetti) che ha davvero salite e discese, piani inclinati e false prospettive, multiple o fantasmatiche.

IL FATTO che sia Amleto a raccontare, privilegiando lui i momenti e gli episodi cruciali, fa sì che l’ordine del racconto subisca salti improvvisi, ma assume certo una forza e una necessità quasi più intensi. Fausto Cabra, protagonista scapigliato e fremente, dà una prova di bravura e intensità davvero ragguardevole (e anche spericolata, visti i salti e i difficili equilibri in cui si tuffa da un piano all’altro della scena). Gli altri personaggi come evocazioni notturne si affollano, si diradano e svaniscono quasi dentro un sogno da incubo, mentre i teatranti confabulano e intervengono come deus ex machina. Tra i molti interpreti da ricordare Sara Putignano che è la madre Geltrude, Francesco Bolo Rossini, Michelangelo Dalisi (qui al suo secondo Amleto stagionale, ma era Polonio in quello di Latella, qui il patrigno assassino Claudio). Massimo Sigillò Massara ha curato musiche e vocalizzazioni degli attori.