Nel gennaio del 1938, intorno a mezzanotte, in boulevard Saint Michel a Parigi, Samuel Beckett viene accoltellato al petto da un tale Prudent, un magnaccia già noto alla polizia. Lo scrittore sopravvive per miracolo: la lama non ha colpito il suo cuore per pochissimo. Quando lo scrittore chiede all’aggressore le ragioni del suo gesto, quello lo guarda con stupore e rassegnazione e confessa di non saperlo.

A questo episodio in particolare, ma in generale all’opera e alla visione del mondo che emerge dai testi dell’autore irlandese si è ispirato Fabio Bussotti – il quale oltre a essere scrittore è attore, autore di teatro, sceneggiatore e traduttore dall’inglese – per il suo ultimo romanzo dedicato alle inchieste del commissario Bertone. Ambientato a Roma, nell’estate del 2015, Al cuore di Beckett (Mincione, pp. 166, euro 14) narra di una serie di omicidi perpetrati da quello che appare come un vero e proprio un serial killer, dato che le vittime non sembrano avere nessun rapporto tra di loro. Si tratta di emerginati, barboni, un cieco, persone rassegnate e infelici che appaiono proprio come i più noti personaggi delle opere di Beckett, appunto. Anzi, il modus operandi dei primi assassinii ricalca alla lettera l’aggressione subita dallo scrittore irlandese a Parigi. L’assassino agisce allora senza alcun movente, seguendo soltanto un proprio disegno legato ad una sua ossessione patologica? Forse, ma questa ossessione è strettamente connessa alla figura di Flavio Bertone, che si vedrà pesantemente coinvolto, a livello personale, in tutta la vicenda. Come se si trattasse di una sorta di trappola che un po’ alla volta va stringendosi sempre di più su di lui.

Fabio Bussotti conferma ancora una volta di aver trovato una chiave originale e avvincente all’interno del panorama della narrativa seriale. Infatti, da una parte utilizza elementi per così dire abituali, che garantiscono da sempre la continuità di un serial, come la figura del protagonista, il commissario Bertone e la sua squadra, il luogo principale in cui si svolgono gli eventi, in questo caso il quartiere Esquilino a Roma, integrandoli, come di solito avviene, con altri personaggi che man mano si inseriscono e rimangono all’interno del plot, come Rosa, l’infermiera cinquantenne con cui Bertone ha una relazione. Poi, però, aggiunge a tali elementi un fattore davvero inusuale, ovvero il ricorso all’arte e alla letteratura. In questo, come negli altri romanzi, la narrazione degli avvenimenti è punteggiata dal racconto di fatti ed eventi che riguardano un grande dell’arte o della letteratura mondiale.

In questo caso, si tratta di Samuel Beckett. Beckett inoltre, come Borromini nel romanzo precedente, non rappresenta semplicemente qualcosa legato al meccanismo degli omicidi, ma anzi, i momenti narrativi che lo riguardano, con le emozioni, le sensazioni, i pensieri raccontati dall’autore fanno da contrappunto quasi alle passioni, le riflessioni, i sentimenti dei personaggi donando un’atmosfera, un mood particolare all’intera storia.
Non solo, è come se la visione dell’artista – naturalmente secondo l’interpretazione offerta da Bussotti – avvolgesse e penetrasse il racconto, contribuendo ad offrire un’interpretazione della realtà insolita e originale.

Se nel romanzo precedente molti erano i rimandi ad altre opere d’ingegno e ad altri autori, in questo caso è come se tutto si concentrasse quasi esclusivamente sull’universo beckettiano. L’autore arriva a riportare qualche brano tratto da Aspettando Godot, uno, in particolare presentandolo come un dialogo tra lo stesso Beckett e la sua compagna, Suzanne Dechevaux-Dumesnil.

Come in ogni opera seriale che si rispetti, oltre alla storia principale, quella degli omicidi, si sviluppano prendendo nuove direzioni anche le sottotrame, in particolare quella, estremamente realistica e delicata, legata alla storia d’amore tra il commissario e Rosa, l’infermiera cinquantenne. Il tutto narrato con la solita maestria dimostrata già nei precedenti romanzi dall’autore, grazie soprattutto a una scrittura semplice, tesa e avvincente ma assolutamente in grado di misurarsi non solo con la suspence tipica del noir, ma anche con questioni molto più complesse come quelle legate alla weltanschauung e alla poetica di uno scrittore quale Samuel Beckett.