Le prossime elezioni europee saranno determinanti circa la prospettiva storica che il Vecchio Continente deciderà di scegliere. La disintegrazione, rovinosa per tutti, oppure un salto coraggioso e indispensabile per una maggiore unità politica.

Il Pd arriva a questo appuntamento indebolito dalla sconfitta del 4 marzo e con un ritardo grave nel discutere le ragioni dei suoi rovesci. Eppure in queste settimane è successo qualcosa.

IL CONGRESSO HA MESSO in competizione per la segreteria nazionale persone e programmi diversi. In un confronto nel complesso civile e che, in vario modo, ha coinvolto 200mila iscritti. Non conosco partito italiano che sia in grado di fare la stessa cosa. Ciò ha determinato un clima più positivo e qualche speranza per il futuro. Sono primi segnali che non si percepiscono ancora nei sondaggi, ma che, tuttavia, vanno incrociati con l’emergere di una delusione assai ampia nell’elettorato che ha sostenuto il governo gialloverde. Ieri poi centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alla riuscitissima manifestazione unitaria dei sindacati a Roma contro la politica di questo esecutivo. Insomma, se saremo capaci di coglierli, nuovi spazi si possono aprire.

ECCO PERCHÉ CONSIDERO sbagliate le analisi di non pochi commentatori che danno per spacciato il Pd, destinato a rimanere inchiodato al suo 17 per cento o addirittura a sfarinarsi ulteriormente. E che raffigurano il nostro dibattito pubblico e democratico come una sorta di bega interna.

CI VUOLE MOLTO PIÙ RISPETTO. Considero, anzi, questi giudizi liquidatori come un pericoloso giocare con il fuoco. Il Pd rimane, con tutti i suoi limiti, la sola forza consistente e organizzata nel campo delle forze europeiste e democratiche. Se smotta il Pd non saranno gli appelli a salvarci; la destra, purtroppo così ben radicata, ci travolgerà.

RAFFORZARE IL PD non è dunque una esigenza di parte, ma democratica e nazionale. Certo, serve un nuovo Pd. Ed è per questo che sto combattendo.

Occorre rimettere al centro il tema dell’equità. Non ci sarà alcuna ripresa economica se la società resterà squilibrata, conflittuale, scontenta e priva di fiducia.

È la fiducia che spinge l’economia ed è la coesione a rendere più competitive le imprese. Nello spaventoso divario, che via via si è allargato, tra chi ha troppo e chi non ha nulla, ha fatto irruzione la rabbia, l’odio e l’invettiva di destra, con le conseguenze gravi che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

QUEL DIVARIO L’ABBIAMO capito poco e tardi. Inoltre va superato un atteggiamento di isolamento borioso nel Pd, tipico di chi pensa di avere sempre ragione e di aver capito tutto.

Va affermata una politica dialogica; ferma nelle sue convinzioni, ma volta all’ascolto, al tentativo di comprendere le cause che hanno gonfiato le vele agli avversari; speranzosa di convincere piuttosto che deridere gli elettori che sono avversi.
E va aperta una ricerca per politiche economiche che sappiano, nella condizione attuale, dare una risposta alle necessità di aprire una nuova fase di sviluppo economico del lavoro. Un’Economia Giusta, fondata sulla sostenibilità ambientale e sociale di rimettere le “persone” al centro dei propri obiettivi di riforme.

Infine, la forma politica e organizzativa del Pd deve trasformarsi in una “Piazza Grande” che promuova l’incontro, il confronto e la decisione degli iscritti e dei cittadini. Valorizzando l’impegno e la responsabilità personale di ognuno, così mortificate da un correntismo tanto rigido quanto trasformista.

QUESTO PD RINNOVATO è il naturale, imprescindibile motore di un campo democratico che si deve allargare. E deve essere il promotore anche per le elezioni europee di una lista la più aperta possibile a tutte le energie che si rendono disponibili. Ho detto, anche, prendendomi qualche critica, che per rafforzare la sostanza di questa operazione non considero neppure il nome come un tabù.

LA COSA DAVVERO LETALE, piuttosto, sarebbe considerare il Pd un ferro vecchio, seppure con il suo logo ben stretto e senza cambiare nulla imbarcandolo in avventure che allora rischiano, addirittura a prescindere dalla volontà di tutti, di diventare elitarie più che unitarie. Per questo ho scritto che il processo di rinnovamento per un nuovo Pd e il processo unitario evocato dal manifesto “Siamo Europei” sono complementari e non contrapposti.

LA LISTA APERTA che deve spingere il Pd, accogliendo l’insieme delle iniziative che sono venute in campo in queste settimane, dovrà indicare un indirizzo chiaro di rifondazione dell’Unione europea: la chiusura definitiva delle politiche di austerità che hanno fermato la crescita e prodotto tante sofferenze per i cittadini europei; una riforma delle istituzioni e della rappresentanza con l’elezione diretta del presidente della Commissione, la centralità del Parlamento in rapporto con l’attività della Commissione, superando il metodo intergovernativo del Consiglio, fondato sui veti e uno spirito di scissione dai singoli Stati; una vera integrazione fiscale, di bilancio, della difesa, nelle grandi infrastrutture, nella ricerca, nell’innovazione, nella scienza, nella formazione.

LA DIMENSIONE del risveglio europeista e il sorgere di un nuovo patriottismo europeo, che deve essere il nostro destino, sarà direttamente proporzionale alla nostra capacità di riformare l’Europa.