Nella piccola metropoli di Milano che rincorre il gigantismo edilizio dopo avere gettato alle ortiche l’urbanistica, anche la riapertura del Salone del Mobile non poteva che essere superlativa. La novità di quest’anno è il «Super Salone» all’insegna della potenza industrial-creativa che mai si è fermata, neppure nelle fasi più critiche della crisi sanitaria.

SEPPELLITI GLI INFAUSTI episodi di cronaca dei giorni prima dell’apertura dell’evento, quelli di una torre ridotta a un cerino bruciato e l’immorale richiesta economica dei titolari di un affermato studio fatta ai propri collaboratori (anch’esso «super» nominatosi Piuarch), la kermesse meneghina si presenta come se il cattivo uso di un materiale o il cinismo che governa il lavoro progettuale non la riguardasse. Così il silenzio intorno alle vere questioni etiche che riguardano il design e che ne fondano l’identità disciplinare si distende come una melassa sopra gli showroom tirati a lucido. D’altronde le due notizie sono state già raccontate nelle pagine di cronaca dei quotidiani, mentre ora è l’occasione ghiotta di raccogliere la pubblicità degli inserzionisti con i numeri speciali.

LA «RIPARTENZA» non deve incontrare ostacoli e deve procedere in fretta. Non è tempo di sofisticate riflessioni come sarebbe utile attendersi date le trasformazioni nel mercato mondiale delle merci al quale fa riferimento il mondo del prodotto industriale e dell’arredo. Da molto tempo il settore del design è in trasformazione, ma per rispondere alle sfide dei paesi emergenti, stanchi di essere dei terzisti, gli strateghi del Salone del Mobile non sono andati oltre il pensare, ingaggiando Stefano Boeri, a una singolare «operazione nostalgia» rinverdendo gli anni della Fiera Campionaria come se creatività e ingegno potessero da soli mettere al riparo il Made in Italy dalle insidie della concorrenza estera: Cina e paesi del Nord e Est Europa in testa.

SIMILI STRATAGEMMI del marketing semmai non fanno che accrescere le illusioni di una solidità della nostra industria trascurando i suoi seri problemi che riguardano la produttività, la ricerca e l’innovazione, magari con occhi attenti alla sostenibilità ambientale: concetto sempre sbandierato ma purtroppo mai concretamente perseguito.
Si possono anche leggere attentamente le previsioni dei rapporti economici ma questi non vanno oltre gli scenari possibili di un biennio. Oggi l’Italia è leader nella produzione al pari della Germania, con 20,7 miliardi di valore (4,7% della produzione mondiale), ma permangono elementi di debolezza che i vari bonus statali certo in parte limitano, ma la ripresa del settore del mobile sarà lenta e insufficiente a consentire il recupero totale nel 2021-22 di quanto perso lo scorso anno. È evidente che il prodotto industriale del mobile dovrà misurarsi con una diversa logica del consumo e dello sviluppo, ma per questo occorre lasciare la vetrina e ragionare nel retrobottega.