Quello di Joseph Wresinski è un nome poco conosciuto in Italia. Ha fatto bene quindi Jaca Book a pubblicare questa raccolta di scritti e discorsi (Rifiutare la miseria) che porta come sottotitolo «un pensiero nato dall’azione». Azione sociale, in primo luogo, quella promossa nel movimento «Atd Quart monde»; ma anche un’azione gravida di implicazioni teoriche, così come emerge dai discorsi di questo prete-sottoproletario, e francese di seconda generazione, divenuto una voce autorevole della campagna internazionale contro la povertà.

Quando nel 1957 Wresinski avvia la sua organizzazione di volontari nella baraccopoli di Noisy – «campo di transito» nella banlieue parigina – la Francia sta vivendo la prima fase dei Trentes Glorieuses con la strutturazione di un avanzato sistema di welfare. Il movimento operaio, erede di valori dell’89, è protagonista di questa stagione e anche la Chiesa cattolica sembra essersi riconciliata con lo spirito nazionale nella convinzione di un destino manifesto di prosperità. Wresinski, che ha conosciuto l’esperienza dei preti operai, ha vissuto negli anni Quaranta le lotte dei ferrotranvieri di Tergnier e dei contadini di Dhuizel. È però in quella baraccopoli che questo missionario in terra d’Occidente prenderà consapevolezza dei cortocircuiti del sistema d’inclusione sociale. Dare voce a milioni di persone tagliate fuori dalla rappresentanza civile diventerà il suo modo di interpretare la missione evangelica. Principalmente, un’azione di resistenza alla guerra ai poveri dichiarata dallo Stato borghese.

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Per Wresinski, il dispositivo di cittadinanza repubblicana si basa sul lavoro, sulla stabilità coniugale e sull’istruzione: tre elementi precari, quando non completamente estranei al sottoproletariato, la cui stessa esistenza costituisce una contraddizione insopportabile per il potere. Quindi espone gli strumenti con i quali lo Stato conduce la sua battaglia: criminalizzazione della miseria, scomposizione dei nuclei familiari, psichiatrizzazione del disagio e misure di sussistenza progettate al solo scopo di perpetuare una condizione di dipendenza.

Quello descritto da Wresinski è dunque uno scontro di civiltà: i marginali – chiosa amaro – non hanno avuto mai il diritto di entrare a far parte della storia, le parole della Dichiarazione dei diritti dell’uomo non sono state scritte per loro. Alle modalità di resistenza sono dedicati la maggioranza degli interventi qui pubblicati. Dalle osservazioni sul terreno riportate nei due decenni successivi di attività nelle periferie europee (università popolari, biblioteche e spazi sociali), colpisce la capacità di Wresinski di restituire la cultura dei subalterni utilizzando categorie estranee al contesto culturale cattolico: linguaggio, rappresentazione, egemonia culturale.
Non meno innovativo risulta lo sforzo di rendere conto della consapevolezza assunta dal Quartrième État nella contaminazione con i movimenti del ’68: la nascita di un’identità collettiva maturata dal rifiuto della carità «dall’alto» e dalla lotta per l’emancipazione. Morirà nel 1988 dopo essere riuscito a portare la voce dei marginali al vertice della Repubblica e delle Nazioni Unite. Le rivolte degli anni Duemila dimostreranno lo scarto tra la celebrazione in pompa magna tributatagli con l’istituzione della Giornata mondiale contro la miseria e la realtà sempre più insostenibile dei processi di gentrificazione e marginalizzazione urbana.