«Lui andava a ruota libera, era un futurista, innovativo e rivoluzionario» dice Carlo Verdone. «Ha incarnato l’italiano medio, furbacchione e vile che sapeva cogliere le opportunità e ha fatto diventare grande l’Italia» sostiene Paolo Mieli. La sua voce, la mimica, il faccione col sorriso, hanno accompagnato generazioni di italiani, dal dopoguerra ai giorni nostri, un’icona assoluta per i 187 film realizzati in oltre 60 anni, un crisma della comicità nazionale coi suoi vizi e le sue debolezze. Siamo tutti Alberto Sordi? è il titolo del documentario di Fabrizio Corallo, messo insieme con caloroso rigore filologico a cento anni dalla nascita dell’attore, che si vedrà la domenica di Pasqua su Sky Arte alle 21.15 e su Sky Cinema Comedy alle 21.45.

UN ITINERARIO che parte da Petrolini e dal doppiaggio di Ollio col famoso ritornello «guardo gli asini che volano nel ciel…» ma principalmente la radio, coi suoi indimenticabili personaggi, imitazioni, invenzioni e il passaggio all’avanspettacolo con Aldo Fabrizi e Wanda Osiris prima della svolta del grande schermo, con Lo sceicco bianco. E da lì in avanti l’ammirazione per Vittorio De Sica, il sodalizio con Ettore Scola, l’amicizia con Steno, Monicelli e Risi e le testimonianze di amici, colleghe, compagni di lavoro intervallate con le sequenze di alcuni tra i suoi film più significativi, le sue tante apparizioni televisive, le interviste.

Girato in gran parte nella magnifica villa di Caracalla, la casa-rifugio, il tempio preferito del trasteverino doc che ci visse ininterrottamente dal 1958 fino ai giorni nostri, un edificio ricco di memorie, oggetti, quadri, strumenti che sarà visitabile nella mostra per il centenario della nascita, che cade il 15 giugno, coronavirus permettendo.

CONSERVATORE, moderato e cattolico convinto ma anche osservatore implacabile di debolezze e storture umane. Profondo conoscitore dei meccanismi psicologici, ha dato vita nelle sue commedie a tanti ruoli di uomini immaturi, opportunisti, servili e incapaci di solidarietà e altruismo. Nel suo cinema riecheggiano certe costanti nazionali come la furbizia, il cinismo, il familismo amorale, la mancanza di senso civico, considerati troppo spesso dagli italiani quasi come una dote, un patrimonio. Al di là degli occasionali e divertiti autocompiacimenti i suoi personaggi «scomodi» sono però rappresentati sempre criticamente ed esortano lo spettatore a riflettere su difetti e colpe di un’umanità priva di coscienza etica.