È alle 11, no alle 14, rinviamo alle 18, anzi slitta alle 20.30. Si parla del pre-consiglio dei ministri, che alla fine prende in effetti le sospirate mosse all’ora di cena. Del cdm destinato a varare il decreto dai molti nomi, aprile-maggio-rilancio e perché non chiamarlo direttamente «quattro stagioni» ironizza il governatore ligure Toti, non se ne parla proprio, anche se gli ottimisti inguaribili insistono fino all’ultimo nell’auspicio di una convocazione alle ore piccole. La regolarizzazione degli immigrati tiene banco, sembra il solo grosso scoglio. Invece è la classica punta dell’iceberg. Quali siano le secche dalle quali la nave del governo non riesce a venire fuori basta aprire le agenzie di stampa per capirlo. Non c’è categoria che non protesti, che non si senta trascurata, che non accusi il governo di distruggerla con questo dl. Un plotone d’esecuzione al quale non c’è modo di sottrarsi se non accettando la dura realtà. Il fatto cioè che una manovra monstre, pari almeno a 3 o 4 finanziarie, composta da 257 articoli, a fronte di una situazione davvero drammatica per tutti, non può che scontentare molti, anzi quasi tutti.

CI SONO NODI PIÙ aggrovigliati e il più difficile da sciogliere, dopo la regolarizzazione, è lo sconto sull’Irap. «Abboneremo il saldo e l’acconto di giugno», aveva annunciato domenica il ministro dell’Economia Gualtieri. Non basta a Carlo Bonomi e non basta a Italia viva. «Apprezziamo ma chiediamo che la misura sia il più possibile generalizzata e senza condizioni», riapre i giochi, tra un rinvio del pre-cdm e l’altro, il renziano Marattin. Bonomi, ruggente presidente designato di Confindustria, nei contatti diretti con il ministero dell’Economia è più secco e prosaico. Il governo pensa a uno sconto di 2 miliardi? Non bastano: dovete fare di più. Gualtieri ci prova. Alla fine il testo del decreto viene modificato. La nuova ipotesi è l’abbonamento del saldo e della prima rata per tutte le aziende con fatturato dai 5 ai 250 milioni e per gli autonomi con introiti corrispettivi. Purché il fatturato di questo aprile sia inferiore ai due terzi del fatturato dell’aprile 2019. A pre-consiglio in corso arriva però il grido di vittoria di Iv: «Via Irap a tutti e senza condizioni, soddisfazione di Italia viva».

POI C’È IL BONUS villeggiatura. La formula adottata dal governo, un credito fiscale pari a 500 euro per le famiglie meno abbienti, viene bocciata secca da Iv. «È diventato un complicato meccanismo di credito di imposta. Non garantisce risorse immediate alle imprese ed è limitato al alcune famiglie», lo affonda via Fb Maria Elena Boschi. Il governo raccoglie l’indicazione, alza fino a 50mila di reddito Isee la platea. Però mantiene lo strumento, il credito d’imposta.

SUL FINANZIAMENTO statale alle banche che comprano piccoli istituti in via di fallimento a imbizzarrirsi sono i 5S, insoddisfatti anche dagli aiuti per il Turismo. Ma il problema di un intervento di simile portata il cui varo si trascina per settimane è che nessuna falla è mai risolta una volta per tutte. Il capitolo stanziamenti per la Sanità, almeno quello, sembrava definito. Invece si è riaperto. Il reddito di emergenza, essendo già stato cancellato e ridotto a un caritatevole obolo da regalare con parsimonia sembrava anch’esso una questione chiusa, sia pur nel modo peggiore. Macché! Finché c’è mercanteggiamento c’è speranza e Iv riapre il fuoco: due tranche da 400 euro, 800 se la prole esorbita, non sarà un po’ troppo?

IN COMPENSO aumentano di oltre 5 miliardi il Fondo per gli ammortizzatori sociali e di 200 milioni quello, che dire esiguo sarebbe stato poco, del Fondo per gli affitti. Scompare anche l’Imu per il consumo di suolo pubblico di bar e ristoranti e pure il calmiere sulle mascherine che aveva sortito per unico effetto quello di rendere le medesime introvabili. Non ci sono solo le pressioni sociali e quelle politiche. La Ragioneria dello Stato non ci vede chiaro. Troppe voci di spesa sono accompagnate da un’enigmatica X. La Ragioneria vorrebbe qualcosa di più preciso sulle coperture.

PRENDERE DI MIRA il governo per lo spettacolo che sta offrendo è facile ma solo in parte giustificato. Le difficoltà sono reali. La marcia del decretone, una volta varato, non sarà agile né per quanto riguarda le verifiche legislative né in Parlamento. Nell’iter di conversione parecchie cose dovranno cambiare per forza. Ma resta il fatto che solo Conte, assumendosi la responsabilità di convocare il consiglio dei ministri e decidere pur sapendo che le critiche arriveranno a mazzi, può sbloccare la situazione. Proprio questo gli chiede di fare senza più indugi il Pd