Battere un calcio di rigore a porta vuota. Questa è l’immagine che rappresenta il compito che ha di fronte a sé il candidato del centrosinistra Sergio Chiamparino. Per diventare il nuovo presidente della Regione Piemonte non gli servirà alcuno sforzo particolare: i sondaggi sono tutti concordi nel dire che l’ex sindaco di Torino sarà il successore del leghista Roberto Cota. L’elemento determinante è la divisione del centrodestra, che si presenta alle urne – dopo un estenuante e grottesco balletto alla ricerca di un nome solo – con tre aspiranti governatori: l’assessore uscente Gilberto Pichetto per Forza Italia e Lega, il viceministro alla giustizia Enrico Costa per Nuovo Centrodestra e Udc, e Guido Crosetto per Fratelli d’Italia.

Nonostante l’esito che sembra scritto, la gara non è priva di interesse. Il motivo è presto detto: è possibile – per alcuni probabile – che alla coalizione che sostiene l’esponente del Partito democratico mancheranno i numeri sufficienti per diventare maggioranza nel consiglio regionale. Gli analisti osservano che se il centrosinistra (Pd, Sel, Moderati, Scelta civica, Idv e «Lista Chiamparino») non raggiungerà almeno il 40%, non potrà governare da solo – nonostante il premio di maggioranza del «listino» collegato al presidente. La legge elettorale piemontese ha un impianto che, rispetto a quella di altre regioni, è maggiormente proporzionale.

Lo scenario che si aprirebbe potrebbe somigliare molto da vicino a quello che si trovò di fronte Pier Luigi Bersani nel febbraio 2013, dopo la «non-vittoria» di Italia bene comune: la ricerca di un appoggio «esterno» da parte del Movimento 5Stelle oppure delle forze di centrodestra. Chi conosce bene Chiamparino sa che, da sindaco del capoluogo subalpino, non ha mai avuto problemi nel trovare la collaborazione dei cosiddetti «moderati». Che, presentandosi divisi il 25 maggio, ora gli faciliterebbero il lavoro. Non è impossibile, dunque, che dopo il voto in Piemonte si riproducano le «piccole intese» che reggono il governo di Matteo Renzi.

La fotocopia dello schema nazionale è l’ipotesi più temuta da Sel, che finirebbe in un angolo, con poco margine per influenzare «da sinistra» le scelte di Chiamparino. Per questo il partito di Nichi Vendola, guidato nella competizione dalla consigliera uscente Monica Cerutti, sostiene che l’unico modo per evitare indesiderabili alleanze sia votare centrosinistra, per fare in modo che la coalizione possa stare in piedi da sola. Di parere diverso è la lista «L’Altro Piemonte a sinistra», che candida a presidente il 36enne Mauro Filingeri, attivista sindacale nei chimici della Cgil. Il cartello che raccoglie Prc e altri ritiene che l’ex sindaco torinese farebbe in ogni caso una politica «da larghe intese» anche se dovesse stravincere con la propria coalizione di partenza.

Ciò che a livello nazionale è unito nella Lista Tsipras, alle regionali piemontesi marcia diviso: e il clima da «separati in casa» un po’ si è percepito nella campagna elettorale delle europee. Senza, per fortuna, che la situazione degenerasse: un risultato non scontato, visto il tasso abituale di litigiosità dele sinistre.

Anche se il suo candidato Davide Bono non diventerà governatore, il Movimento di Beppe Grillo sa già che lunedì potrà cantare vittoria: tutte le previsioni della vigilia attribuiscono ai pentastellati un risultato pari o superiore a quello ottenuto alle politiche dello scorso anno. A favore dei Cinquestelle giocano molti fattori: olte al trend nazionale, lo scontento di una parte di elettorato di sinistra per la scelta di presentare Chiamparino, ex sindaco ma anche ex presidente della Fondazione della Banca Intesa Sanpaolo, e il disorientamento dell’elettorato di centrodestra di fronte all’inconsistenza del proprio schieramento. Non a caso, il messaggio di Bono si dirige a destra e manca: sostegno alle piccole imprese e reddito di cittadinanza. Tra i punti di forza della propaganda del M5S anche la questione morale: oltre ai numerosi scandali che hanno riguardato la giunta uscente di centrodestra, le settimane scorse hanno offerto su un piatto d’argento l’affaire Expo, che vede coinvolto Primo Greganti. La foto, diffusa dai giornali locali, che ritrae il «compagno G» seduto nelle prime file alla manifestazione d’apertura della campagna elettorale di Chiamparino, non è passata inosservata.

Ovviamente, nulla di ciò che riguarda Greganti (innocente fino a giudizio definitivo) ha a che vedere con il Pd piemontese o Chiamparino. Che spera di resistere alla tendenza che, negli ultimi giorni, pare veda sopirsi il vento che lo spingeva trionfalmente verso la guida del palazzo di Piazza Castello. Il consenso di cui gode a Torino è ancora molto, e nel Piemonte «profondo» è apprezzato proprio per il suo profilo di «moderato». Tutti schierati con lui i «poteri forti»: quelli tradizionali e quelli di nuovo conio, come la formidabile Eataly dell’ultrà renziano Oscar Farinetti.