«Per tenersi buoni tutti, Buzzi ha fatto entrare le sue coop perfino in Banca popolare etica (46.879 euro), dove molti esponenti a 5stelle depositano i loro soldi convinti di sottrarli ai poteri forti della finanza, ed ha acquisito perfino una piccola quota del Manifesto (2.680 euro)». Così recita un articolo sullo scandalo di Roma, firmato dal giornalista di Libero, Franco Bechis.

Un articolo anticipato da un tweet, nella tarda serata di mercoledì tanto per rafforzare l’effetto del fango nel ventilatore.

Diciamo subito ai lettori che abbiamo incaricato il nostro studio legale di valutare ogni più opportuna azione a tutela della nostra reputazione e immagine professionale.

Il maldestro tentativo di diffamazione, se non fosse una mascalzonata, sarebbe persino ridicolo (2.680 euro: costerebbe davvero così poco «tenere buono» un giornale come il nostro?).

Ma è soprattutto falso che Buzzi abbia mai avuto alcun legame con questo giornale. Nessuna quota della nostra cooperativa è stata acquisita dalla cooperativa presieduta da Buzzi. I 2.680 euro si riferiscono a una delle migliaia di quote, individuali e di associazioni, sottoscritte nel 1991 alla Manifesto Spa, ormai in liquidazione da due anni come ben sanno tutti i nostri lettori.

Dunque la sottoscrizione avveniva vent’anni fa, quando l’oggi famigerata cooperativa  29 giugno era un fiore all’occhiello dell’attività sociale romana (come il senatore Tocci in questi giorni opportunamente ricorda sulla stampa).

Ma questo è inutile spiegarlo alla stracciona destra italiana.

Né il nostro manifesto ha nulla a che fare con i fascio-criminali dell’inchiesta del procuratore Pignatone, né il mondo di vent’anni fa può essere accostato all’oggi. Questo lo diciamo non solo ai nostri lettori, che per la maggior parte già lo sanno, ma per chi, nel vasto mondo dei social, magari legge e si aspetta la nostra risposta.

La logica del frullatore con noi non funziona, non può funzionare.

È patetico il tentativo di sporcare chi, come il manifesto, con la sua anomalia di giornale libero (non solo nel nome) e indipendente, fa risaltare la differenza con il vasto e non sempre specchiato mondo dell’informazione italiana. Patetico e inutile.