Duecentocinquanta autobus da tutta Italia, più di 200 associazioni (Arci, Emergency, Comitati Dossetti, Art.21, Antigone, ma per l’elenco rimandiamo a costituzioneviamaestra.it), una lista di adesioni personali lunga quattro schermate video. La prova del nove del popolo della «Costituzione: la via maestra» sarà oggi in piazza del Popolo. Sul palco ci saranno i promotori, le facce dei diritti negati – migranti, lavoratori, studenti – la sindaca di Lampedusa Giusy Nicolini (si sfila con il lutto al braccio per i morti del Mediterraneo), il professor Alberto Vannuccini, esperto della corruzione nel nostro paese, e infine il fondatore del Gruppo Abele don Luigi Ciotti. Ma certo «la via maestra» ne ha fatta parecchia di strada, già prima di sfilare da piazza della Repubblica oggi pomeriggio. Pensata il 2 giugno a Bologna nell’iniziativa «Non è cosa vostra», poi lanciata con il documento-manifesto firmato da Rodotà, Zagrebelsky, Carlassarre, Landini e Ciotti e con l’assemblea dell’8 settembre a Roma, ne ha fatta parecchia se il presidente del consiglio Letta, che a più riprese ha derubricato come «conservatori» tutti quelli che hanno sulle riforme della sua «strana maggioranza», ieri invece ha espresso un auspicio che è quasi l’ammissione di un dubbio: «Quello delle riforme è uno dei tre grandi obiettivi del governo nato a fine aprile con l’idea di concludere in 18 mesi: per ora il cronoprogramma è rispettato anzi siamo in anticipo. Vogliamo continuare a tenere il punto».

La manifestazione di oggi ha al centro il no allo «strappo costituzionale» (Rodotà) rappresentato dalla deroga all’articolo 138, che regola le procedure per modificare la Carta; ma anche l’attuazione piena dei diritti costituzionali, lavoro ambiente salute giustizia. «Conservatori? Se c’è qualcosa di buono, non c’è niente di male a conservarlo. Ma per noi la Costituzione è un programma di cambiamento», spiega il segretario Fiom Landini. Un programma, per il professore Rodotà, per una «coalizione di vincenti. Fuori dalle istituzioni in questi anni c’è stata una politica vincente: i referendum sull’acqua, sul nucleare, le iniziative contro le leggi ad personam. E la Fiom sui diritti sindacali, Gino Strada che apre ambulatori in Italia dopo averlo fatto nel cosiddetto terzo mondo, don Ciotti che difende la legalità. Tanti sindaci. Quando le azioni che hanno come riferimento la Carta avranno costruito legami effettivi, troveranno l’ascolto che da sole non sono riuscite ad avere».

Un programma «politico», dunque. Non certo un nuovo soggetto – oggi sul palco nessun rappresentante di partito. Ma l’idea di una «coalizione sociale per la Costituzione» ha frenato i partigiani dell’Anpi, che non hanno aderito pur avendo firmato il manifesto e temono uno sbilanciamento a sinistra che ostacoli poi «una partecipazione unitaria di tante cittadine e cittadini, al di là delle loro specifiche convinzioni politiche» al referendum finale sulle riforme. Saranno comunque molti i ‘partigiani’ che sfileranno, come la vicepresidente Carla Nespolo; e Tiziana Pesce, figlia del glorioso Giovanni.

A tutti gli assenti toccherà fare i conti con la marea montante di diffidenza verso un percorso di riforme, benché benedetto dal presidente Napolitano. I promotori – uniti sulla cancellazione delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi, e per lo più anche sull’amnistia – non sono contrari alla fine del bicameralismo perfetto, alla diminuzione dei parlamentari e alla riforma del rapporto Stato-regioni. Lo sono però al presidenzialismo e simili. La verità è che la parte democratica della maggioranza, che con questa piazza tiene le distanze (hanno aderito solo Cofferati, Civati, Lerner e Vita) ha per lo più gli stessi dubbi. Ma in parlamento la partita è tutta politica: Letta ha legato alle riforme il destino dell’esecutivo. «Un voto contrario alla deroga al 138, o qualche assenza al senato che permetta poi di svolgere il referendum e quindi di bloccare le riforme per mesi, sarebbe un segnale contro il governo», spiega Stefano Ceccanti, «saggio» della commissione voluta dal governo.

Al referendum si arriverà. E il popolo che si mette in marcia oggi non è isolato come a Palazzo si spera. Ieri il presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri ha spiegato: «La Costituzione dobbiamo riconquistarla ogni giorno. D’altra parte noi siamo lì per questo. La Corte Costituzionale è nata per fare da guardiana alla Costituzione». Lungi dall’illustre giurista l’intenzione di omaggiare il popolo della «via maestra». Ma certo, parole esplicite sul fatto che la battaglia la Costituzione non è di pochi, tantomeno persa.