«Usano pretesti umanitari per mascherare i loro veri obiettivi e preparare in Siria una guerra dalle conseguenze devastanti», dice Evo Morales rispondendo a una domanda del manifesto. Il primo presidente indigeno della Bolivia sta concludendo in Italia un giro di incontri che lo ha portato in Spagna e in Bielorussia. Ieri mattina, prima di recarsi in visita dal suo omologo Giorgio Napolitano, ha incontrato movimenti sociali, sindacati e rappresentanze politiche della sinistra italiana, e ha dialogato anche con il nostro giornale.
In una successiva conferenza stampa, Morales ha poi ripreso alcuni temi su cui si era soffermato, alternando le sue riflessioni con quelle del ministro degli Esteri David Choquehuanca Cespes. Insieme a lui, il presidente ha gestito le ore difficili del sequestro, il 2 luglio, al rientro da un vertice sul gas in Russia. Allora, diversi paesi europei – Francia, Spagna, Portogallo e Italia – gli avevano negato il transito nei propri spazi aerei, obbligandolo ad atterrare a Vienna e a rimanere bloccato lì per 11 ore. Sul numero di agosto di Le Monde diplomatique/ilmanifesto, Morales ha raccontato i particolari della vicenda, il tentativo di perquisizione dell’aereo presidenziale organizzato dalla diplomazia spagnola, la sua decisa resistenza, il supporto degli altri presidenti socialisti dell’America latina. In quei giorni, la Cia cercava il suo ex consulente Edward Snowden, in fuga coi documenti segreti del Datagate. Ecuador, Venezuela, Bolivia e Nicaragua si erano detti disposti ad accoglierlo e Washington intendeva dare un avvertimento, incurante delle norme internazionali. Morales aveva denunciato la subalternità a Washington dei paesi europei, esigendo da loro delle scuse, poi arrivate. Ieri è tornato sul tema, ritenendo «totalmente superata» la crisi con l’Europa dopo gli incontri con Francia, Spagna e ora Italia: «Il problema – ha ripetuto – non è con i paesi europei, ma con chi li ha ispirati, con le agenzie di intelligence da cui erano a loro volta controllati. In America latina, gli Stati uniti hanno spiato sia Dilma Rousseff che il presidente del Messico Peña Nieto, loro alleato, e la Colombia. Quelle dettate dal mercato capitalista sono alleanze senza principi e senza valori».
Il Brasile non ha offerto asilo a Snowden, ma ieri la commissione che indaga sullo spionaggio illegale organizzato dall’Agenzia nazionale per la sicurezza Usa (Nsa) ha deciso di mettere in campo una protezione speciale verso Glenn Greenwald, il giornalista del Guardian che per primo ha diffuso le rivelazioni sul Datagate. Sarà protetto anche il suo compagno, il brasiliano David Miranda, che a metà agosto venne fermato all’aeroporto di Londra e interrogato in base alla legge antiterrorismo. «Snowden merita gratitudine – ha detto ieri Morales – perché ha mostrato i veri interessi degli Stati uniti. Il petrolio e il controllo geopolitico della regione sono il vero obiettivo della Guerra contro la Siria. Quello delle armi chimiche è la giustificazione di cui hanno bisogno per ripetere quanto hanno fatto in Iraq usando il pretesto delle armi di distruzioni di massa, che non c’erano». E per illustrare il concetto, Morales ha raccontato un episodio: «Durante una riunione internazionale, ho chiesto di chi fosse oggi il petrolio libico e mi è stato risposto: per questo devi chiedere a lui, riferito a un alto rappresentante europeo. Come ieri hanno ucciso Gheddafi, oggi vogliono eliminare Assad. Quello richiesto al Congresso Usa è un voto per uccidere». L’alternativa? «Dar retta alle parole di papa Francesco quando dice no alla guerra. Organizzare un’opposizione di massa chiamando i movimenti e la sinistra. Chiedere agli organismi internazionali che intervengano per scongiurare la catastrofe. Un detto lakota dice: quando sei sull’orlo del baratro può sorgere l’arcobaleno». Chiediamo a Evo come si stanno muovendo gli organismi regionali latinoamericani. Risponde: «L’Alba è nata su principi antimperialisti e di giustizia sociale e chiede con forza la pace. Ma anche all’interno di Unasur e Mercosur vigono i criteri della mediazione e della solidarietà. Così cerchiamo di risolvere i nostri conflitti. La ex presidente cilena Bachelet mi ha detto all’epoca: dì a Chávez che non si preoccupi, parlo io con Uribe. E Dilma ha mediato ora tra Colombia e Ecuador e tra Santos e Maduro. L’importante è che non venga un paese potente dall’esterno a dettar legge».
Oggi Morales incontra Bergoglio. Gli chiediamo: ma questo pontefice è davvero il «primo papa bolivariano» come alcuni vorrebbero? «In Bolivia – risponde – abbiamo molti problemi coi vescovi: appena ce n’è uno vicino alla Teologia della liberazione e alla sinistra viene rimosso in favore di un altro vicino alla destra. Di questo papa mi convince il suo discorso sul francescanesimo, che può diventare rivoluzionario e camminarci a fianco. Vado a sentire, poi vedremo».