«Il Comitato nazionale per la salvezza del popolo (Cnps) ha aggirato l’ostacolo», ha affermato sul quotidiano francese Le Monde l’analista Étienne Fakaba Sissoko dell’Università di Bamako, riguardo alla nomina di Bah N’Daw come presidente ad interim del Mali. 

Bah N’Daw, settantenne militare in pensione con il grado di colonnello maggiore, è stato nominato lunedì dal “Collegio di transizione”, organo composto da cinque rappresentanti del Cnps, due del “Movimento 5 giugno” (M5- Rfp), due religiosi e due membri della società civile che si sono riuniti lunedì a porte chiuse.

Il nuovo presidente guiderà il paese per i prossimi 18 mesi di transizione e viene visto come la figura ideale: un civile, come richiesto dalla comunità internazionale, ma vicino al Cnps visto che, dopo essere stato nominato ministro della difesa nel 2014 da Ibrahim Boubacar Keita, si era dimesso «per divergenze di opinione sulla lotta ai gruppi jihadisti e sulla corruzione nel governo».

Una scelta imposta in tempi rapidi – a poco più di un mese dal golpe militare che ha destituito l’ex presidente “Ibk” lo scorso 18 agosto – a causa dell’embargo economico e della pressione della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) che aveva preteso «una transizione guidata da civili» e posto come ultimatum martedì per revocare le sanzioni economiche. Non è ancora chiaro se la Cedeao sia soddisfatta da questa nomina ed il suo mediatore per il Mali, l’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, è atteso in questi giorni per porre fine alla crisi diplomatica in Mali e confermare la nomina di N’Daw come nuovo presidente, internazionalmente riconosciuto.

Nella cerimonia di martedì per il 60° anniversario dell’indipendenza del Mali il neo-presidente – che verrà nominato con una cerimonia di giuramento ufficiale questo venerdì 25 settembre –  ha sollecitato «una rapida revoca delle sanzioni contro il suo paese alla luce dei cambiamenti in atto», a causa anche di una disastrosa crisi economica con perdite calcolate per 90 milioni di euro. 

In un’intervista alla televisione nazionale Ortm anche il colonnello Goita Assimi, nominato vice-presidente con il controllo della difesa, della sicurezza e della riforma dello Stato, ha «chiesto la riapertura dei confini con i suoi vicini e ha confermato il suo sostegno alle forze internazionali presenti sul territorio maliano». La situazione sulla sicurezza nel paese continua a deteriorarsi, visto che l’arrivo dei militari ha portato ad un aumento progressivo degli attacchi di matrice jihadista nel centro e nel nord del paese con la lotta intestina tra lo Stato Islamico (Eigs) e al-Qaeda (Jnim).

«Il messaggio al popolo maliano è un messaggio di unione intorno al Mali e chiedo al popolo maliano di sostenere sia le forze armate di difesa e sicurezza nazionali che quelle straniere come la forza Barkhane, Minusma e la forza Takuba, per contrastare l’ascesa jihadista nel paese» ha ribadito Assimi, cercando di rassicurare i partner internazionali e in primo luogo la Francia, che mantiene nella regione una forza di 5 mila soldati. Anche se ieri nel giorno dell’Indipendenza, non sono mancate manifestazioni contro la presenza militare francese nel Paese

«A prescindere dalla nomina del nuovo presidente – afferma Fakaba Sissoko – la crisi politica può essere risolta solo con l’unità nazionale e con l’impegno di tutti gli attori politici, civili e militari, per portare a compimento questa transizione nel nostro paese (…) perché ogni volta che c’è una crisi politica istituzionale a Bamako questa si traduce in un aumento della violenza jihadista contro la popolazione civile».