Quando dissero a Churchill di tagliare i fondi della cultura per destinarli all’impresa bellica, egli rispose: «E allora, per cosa combattiamo?». È una frase, accompagnata dall’immagine del protagonista in questione, che sta girando in questi giorni sulle bacheche di Facebook. E non è un caso. Sia per il contenuto che per la sua natura social. Al Circolo dei Lettori di Torino, infatti, è stato presentato un nuovo portale interamente dedicato al crowdfunding culturale dal nome accattivante: Innamorati della Cultura. Sviluppatosi all’interno dell’incubatore del Politecnico di Torino, il portale nasce dalla creatività e dalla professionalità di Emanuela Negro Ferrero e Lorenzo Pennacchioni, esperti in comunicazione digitale. Il progetto si basa sulla convinzione di entrambi i fondatori che investire in cultura conviene. «In Italia, a causa di un sistema di tassazione che non incentiva la donazione privata e a una mancanza di attitudine al charity – dice Ferrero – i privati e le aziende sono poco propensi a investire in cultura. Quando avviene, si tratta per lo più di donazioni per grandi eventi o per situazioni legate al mondo del cinema dove, invece, gli sgravi fiscali sono importanti». La caratteristica fondamentale del portale www.innamoratidellacultura.it è la verticalità degli ambiti: «Non prenderemo in considerazione alcuna proposta che non abbia come fondamento l’assoluta appartenenza all’ambito culturale». La piattaforma è una vetrina sulla quale il donatore può selezionare quale progetto sostenere. In cambio, riceverà una sorta di ricompensa la cui natura è scelta dal progettista. La campagna di raccolta fondi viene realizzata stabilendo una cifra da raggiungere entro un certo lasso di tempo che, solitamente, arriva come massimo a 60 giorni. Si crea quindi una sorta d’interscambio che contribuisce a realizzare un circolo virtuoso tra chi crea e chi fruisce. A fare da apripista c’è un «testimonial» d’eccezione, il regista Davide Ferrario, con il suo nuovo lavoro cinematografico in fase di start up dal titolo SEXXX, tratto dall’omonimo balletto di Matteo Levaggi, coreografo del Balletto Teatro Torino, intorno al quale verterà l’intera narrazione. Una sorta di Pina all’italiana. Uno spettacolo che lo ha fulminato. «Da regista – racconta Ferrario – ho voluto subito fare un film». La sua non è una sensibilità naturalmente predisposta alla danza, «non sono un appassionato», anzi. Quando lavoravo con Abatantuono su Figli di Annibale lui, scherzando, diceva che per legge dovrebbero essere vietate due cose: il matrimonio e il balletto. Sul matrimonio forse possiamo essere d’accordo, sul balletto un po’ meno!» SEXXX sarà dunque «un film di genere non riconoscibile, ma, oltre ogni dubbio, cinema… Del resto, a mio avviso, un film è sempre un documentario di finzione». Costerà cinquantamila euro, quindicimila dei quali Ferrario auspica di reperire tramite il crowdfunding di Innamorati della Cultura.