Alla fine sarà stato un week end di ordinaria follia, per parafrasare il titolo di un famoso film, quello delle due sinistre – moderata e radicale – riunite a Roma e Rimini con l’Assemblea nazionale del Pd e il Congresso di Sinistra italiana?

Lo schianto sul referendum ha riaperto i giochi all’interno del Pd e li ha complicati nel quadro politico. Ieri si è svolto addirittura un anticipo drammatizzante in casa piddina con l’assemblea convocata da Emiliano, Rossi e Speranza, candidati alla successione di Matteo Renzi qualora il partito rimanesse unito. Oggi tocca a quest’ultimo spiegare cosa vuole fare. Le sue parole saranno misurate dalle minoranze che vorrebbero addirittura che non si ricandidasse alla segreteria come condizione per non scindere il partito. A Rimini il clima è tranquillo. Il problema è che i due poli si sono maledettamente allontanati fino all’incomunicabilità negli ultimi quattro anni, quelli della leadership piddina di Renzi. Fabio Mussi lo ha detto a chiare lettere nella sua relazione: con un Pd renziano sono impossibili convergenze e accordi.

Le cronache della vigilia dell’Assemblea piddina sono particolarmente concitate.

È il classico dialogo tra sordi. D’Alema invoca una «costituente del centrosinistra», tutti gli oppositori di Renzi chiedono una forte correzione di strategia, il segretario – pur con qualche concessione – è tentato di tirare dritto perché convinto di vincere il congresso a mani basse. Gli antirenziani, inoltre, pensano che sarebbe meglio tenere il congresso dopo le elezioni amministrative di primavera da cui Renzi potrebbe uscire ulteriormente sconfitto. La scadenza elettorale è tuttavia un intralcio alla scissione: si metterebbero in moto in tempo utile liste di sinistra dagli ex Pd a Pisapia e forse a Sinistra italiana?

La storia della vecchia e nuova sinistra – anche il manifesto ne sa qualcosa – è stata costantemente segnata da dispute ideali, teoriche e da rotture/ricomposizioni che erano il sale e il pepe della politica. Ma si può rompere un partito nell’anno di grazia 2017 sui tempi di un congresso e sulle sue connessioni con la vita della legislatura? Meglio sarebbe, e di certo più comprensibile, ammettere il fallimento del progetto Pd: l’idea cioè di far convivere in un «partito unico» le tradizioni politiche italiane. In prospettiva, pure se ci sarà la scissione piddina, serve in ogni caso una nuova forma di rapporto tra moderati di centro e sinistra con la sinistra radicale. Ne discute il Pd, dove la «vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria è alle corde, ne dibatte Sinistra italiana. Ne fa invece un punto dirimente, il Campo progressista di Pisapia. Con il ritorno a una legge elettorale proporzionale il tema si ripropone indubbiamente con forza. In Sinistra italiana prevale l’idea che i Dem sarebbero irrecuperabili a una comune prospettiva, salvo scissioni, morte politica di Renzi e del renzismo, rivoluzioni copernicane di cultura politica e di collocazione in Italia e in Europa. Per Vendola, è in atto da tempo una «crisi del riformismo della sinistra di governo che ha introiettato le ragioni del liberismo». La minoranza che sta abbandonando il progetto di nuovo partito (Scotto, Smeriglio, Giordano) teme però la riedizione di un bertinottismo identitario e movimentista. Vedremo se «l’intralcio» Renzi verrà rimosso e quanta strada farà Pisapia.

È il rebus non è solo italiano. A Berlino si pone per i socialdemocratici dati in ripresa nelle prossime elezioni politiche e per la Linke. Se si vuole evitare che si riproduca l’unità nazionale a guida Merkel, occorre che le due sinistre tedesche – con i Verdi – collaborino. Stesso refrain in Spagna tra i socialisti, a rischio scissione per l’astensione sul governo Rajoy, e Podemos che ha celebrato di recente il suo congresso. Non si scappa dal dilemma che avvolge la sinistra radicale europea: si vuole svolgere una sorta di rispettabile ruolo da «fabiani» (il movimento britannico di fine Ottocento), testimoni di coerenza ed eticità, o si vuole agire politicamente? Quanto alla sinistra moderata, che ha le responsabilità più gravi, si tratta di gettare alle spalle blairismo e velleità da liberismo temperato. Per le due sinistre – o più – che usciranno dagli appuntamenti di Roma e Rimini il problema grande come una montagna è trovare nuovi contenuti programmatici e nuove forme di convivenza tra diversi. Da soli si va a sbattere contro l’inedita destra di Trump e Le Pen.