Cinquecento esperti in rimpatri della Guardia di frontiera europea pronti a essere impiegati in Italia non appena il governo ne farà richiesta. Soldi da investire nella creazione di un centro per il coordinamento dei soccorsi in Libia, insieme ad altri 42 milioni di euro da destinare sempre alle autorità del paese nordafricano per contrastare le partenze dei barconi. La richiesta all’Italia di stilare una lista nazionale dei Paesi terzi sicuri dove rimpatriare velocemente i migranti giudicati inammissibili. E, infine, interventi nei Paesi di origine e il finanziamento con 200 milioni di euro del Fondo per l’Africa.

Sono alcune delle misure contenute nel piano messo a punto dalla Commissione europea a sostegno dell’Italia. Per la verità nel pacchetto presentato ieri dal presidente della Commissione Jean Claude Juncker si ritrovano proposte delle quali si discute da tempo in Europa, ma neanche una delle richieste avanzate dall’Italia per far fronte all’alto numero di sbarchi. Se non il solito accenno alla necessità di riformare Dublino e l’altrettanto generico richiamo agli Stati perché accettino i ricollocamenti. Richiami destinati probabilmente entrambi a cadere nel vuoto, visto anche quello che succede alla frontiera con l’Austria. Niente invece sulla possibilità di far sbarcare i migranti salvati in mare in altri porti europei. «Capisco le esigenze dell’Italia, ma abbiamo altri 27 Stati membri che forse hanno altre idee», ha detto il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, chiudendo il discorso sul nascere. Al punto che dopo il secco no ricevuto da Francia e Spagna, il Viminale ha scritto al direttore dell’Agenzia Frontex Fabrice Leggeri chiedendo un incontro per rivedere le regole di ingaggio della missione Triton.

Restia a mostrarsi solidale con uno stato membro in difficoltà, l’Europa dimostra ancora una volta di essere bravissima a ritrovare la sua unità quando si tratta di bloccare chi fugge da guerra e miseria. Del resto quanto veramente interessino ai 28 le tragedie che ogni giorno si consumano nel Mediterraneo lo si è visto ieri mattina a Strasburgo. Dei 751 europarlamentari convocati per discutere i risultati della presidenza maltese e sulla crisi dei migranti se ne sono visti solo una trentina. Al punto che quando il presidente Antonio Tajani gli ha dato la parola per il suo intervento, anche il solitamente gentile Juncker non ha potuto trattenersi. «Questo parlamento è ridicolo», ha detto guardando gli scranni vuoti di fronte a lui. «La prego di usare un linguaggio più rispettoso» lo ha richiamato Tajani. Inutilmente: «Questo parlamento è ridicolo», ha ripetuto Juncker.

Spetta adesso al vertice dei ministri degli Interni e della Giustizia che si apre domani a Tallinn, in Estonia, discutere le proposte avanzate dalla commissione. Oltre a quelle già descritte i commissari si sono detti pronti a impegnare 35 milioni all’Italia per l’accoglienza, chiedendo in cambio la reazione di nuovi hotspot e un miglioramento della capacità di detenzione delle strutture. Numerosi i punti che riguardano l’Africa. In particolare si punta a convincere Egitto, Libia e Tunisia perché creino una propria area di ricerca e salvataggio (Sar) senza però coinvolgere quest’ultima nel’accoglienza dei migranti. Aumentare inoltre il controllo delle frontiere meridionali della Libia coinvolgendo anche i paesi del G5 Sahel e incrementare gli accordi per i rimpatri dei migranti nei paesi di origine. La Commissione lancia anche un nuovo programma per i reinsediamenti dei richiedenti asilo che si trovano in Egitto, Libia, Sudan, Niger ed Etiopia. All’Italia Bruxelles chiede infine di registrare tutti gli eritrei presenti nel Paese in modo da accelerare i ricollocamenti, oltre a redigere il nuovo codice per le navi delle Ong impegnate nei salvataggi.

Tutte misure che, se pure verranno applicate, non aiuteranno a trovare in tempi brevi una soluzione all’alto numero di arrivi: 85.183 dall’inizio dell’anno, l’85% del totale degli sbarchi avvenuti in Europa, che ammontano a 101.210. Misure che, come se non bastasse, affidano sempre più alla Guardia costiera libica la responsabilità dei salvataggi. Una possibilità duramente condannata ieri da Amnesty International. «Permettendo alla Guardia costiera libica di intercettare le imbarcazioni e riportarle in terraferma – ha detto Iverna McGowan, direttrice di Amnesty a Bruxelles – l’Unione europea sta mostrando un evidente disprezzo per la vita dei rifugiati e dei migranti».