L’Unione europea confida nella – seppur ancora limitata – apertura in tema di economia di Cuba e le offre un maggior appoggio finanziario per far fronte alla manovra di strangolamento economico-finanziario e commerciale messa in atto dalla Casa bianca. È questo il messaggio che ha portato all’Avana la responsabile della diplomazia europea Federica Mogherini, alla guida di un’ampia delegazione Ue nell’ambito del II Consiglio congiunto bilaterale.

«Siamo a disposizione delle autorità e del popolo cubano per condividere le nostre esperienze e offrire appoggio finanziario», ha affermato Mogherini lunedì nel corso di una conferenza stampa assieme al ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez. L’appoggio dell’Ue deriva dal fatto di aver osservato «una chiara decisione da parte cubana di modernizzare lo sviluppo del paese». In sostanza, viene riconosciuto lo sforzo del governo socialista di aprire l’economia al contributo dei (piccoli) imprenditori privati e delle cooperative. E soprattutto di ridurre o eliminare le complesse pratiche burocratiche o le proibizioni che disincentivano gli investimenti esteri e dunque il progresso economico.

I contributi europei, soprattutto nell’ambito della cooperazione e dello sviluppo, sono triplicati negli ultimi anni (più di 200 milioni di euro) e l’Ue è il primo socio commerciale di Cuba e il primo in tema di investimenti. Il tutto nell’ambito dell’Accordo di dialogo politico e di cooperazione firmato nel 2016 e in vigore dal 2017 – seppur in forma provvisoria data l’opposizione di Svezia, Lituania, Irlanda e Olanda.
Il Consiglio bilaterale è servito anche a ribadire il rifiuto della piena attivazione decisa da Trump lo scorso maggio della legge Helms-Burton approvata nel 1996 e che nei capitoli III e IV prevede che qualsiasi cittadino statunitense possa portare a giudizio presso tribunali Usa chiunque a Cuba sfrutti beni di appartenenza della sua famiglia nazionalizzati dopo il trionfo della rivoluzione castrista (1959). Sotto il capestro di questa legge vi sono vari investitori europei, specie spagnoli.

NELLE ULTIME SETTIMANE però il presidente Trump ha ulteriormente ampliato il quasi sessantenne embargo unilaterale imposto a Cuba decidendo prima di denunciare le missioni mediche cubane all’estero (prima fonte di valuta dell’isola) come una sorta di moderna “tratta degli schiavi”, quindi di limitare le rimesse che i cubano americani possono inviare nel’isola (seconda fonte di valuta). Lo scopo dichiarato è quello di strangolare l’economia di Cuba colpevole agli occhi dei falchi di Trump di essere il maggior sostegno politico e militare del governo bolivariano del Venezuela. Contro entrambi i paesi sono in vigore le più pesanti misure di blocco economico-finanziario e commerciale mai varate dagli Usa. Oltre le rinnovate minacce di interventi militari.

Mogherini ha informato che, oltre a «rafforzare il seguito dei nostri dialoghi politici e a lanciare nuovi dialoghi settoriali su agricoltura, energia, cambio climatico e ambiente», è continuato «il dialogo sulla situazione della regione, in particolare sul Venezuela». La responsabile della diplomazia dell’Ue non ha voluto specificare se su questo tema vi sia stato consenso tra le due parti, visto che Cuba appoggia totalmente il governo del presidente Nicolás Maduro mentre la maggior parte dei paesi dell’Unione riconosce l’autoproclamato presidente Juan Guaidó. Un membro della delegazione Ue però ha tenuto a precisare che gli elementi base della posizione europea – creando per un – «non sono contrari alla posizione di Cuba».

La situazione politica della regione consiglia infatti una linea pragmatica che tenda a impedire che la crisi evolva in un pericoloso conflitto armato. Lunedì infatti il presidente Maduro ha annunciato l’inizio di una serie di manovre militari per rafforzare la sicurezza delle frontiere, in particolare quella della Colombia. Lo scorso fine settimana una rivista colombiana ha pubblicato le “prove” che il Venezuela abbia ispirato la decisione di una parte dei dirigenti della ex guerriglia delle Farc di riprendere la lotta armata visto che il governo del presidente Iván Duque ha reiteratamente violato gli accordi di pace e che continua la strage di ex guerriglieri smilitarizzati e di leader sociali. Non solo, Maduro ha accusato il governo colombiano – assieme agli Usa – di «manovre tendenti a colpire le Forze armate bolivariane».

CON IL LICENZIAMENTO di John Bolton l’autoproclamato presidente Guaidó e il presidente colombiano Iván Duque perdono un alleato prezioso. Ma la politica aggressiva degli Usa verso il Venezuela e Cuba non dipendeva di certo solo dalle posizioni radicali di Bolton. Anche il segretario di Stato Mike Pompeo è fautore della necessità di far cadere il governo di Maduro (e di Díaz-Canel a Cuba) e il segretario al Tesoro Steven Mnuchin si vanta di essere «» a entrambi i paesi.