Si chiudono le frontiere e si aprono i cordoni della borsa ma l’obiettivo è sempre lo stesso: fermare chi vuole arrivare in Europa. Di fronte alla crisi dei migranti l’Unione europea fa l’unica cosa che al momento è in grado di fare, ovvero preparare un piano di aiuti economici per quei paesi, primo fra tutti la Grecia, che subiscono maggiormente l’impatto delle decine di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga dalla guerra. La Commissione europea varerà oggi uno stanziamento di 700 milioni di euro in tre anni (300 milioni nel 2016, 200 nel 2017 e altri 200 nel 2018) che dovranno servire per «prevenire le sofferenze dei migranti in conseguenza dell’arrivo in numeri senza precedenti di persone nell’Ue», come ha spiegato ieri la portavoce della Commissione Margaritas Schinas. In pratica una specie di piano Marshall virato però sull’assistenza umanitaria e mirato alla realizzazione di campi dove accogliere i profughi garantendo assistenza medica, cibo e vestiti. Il tutto in previsione anche del fatto che l’approssimarsi della bella stagione porterà sicuramente un notevole incremento degli sbarchi dalla Turchia. Ma la decisione di intervenire stanziando soldi, può anche significare che Bruxelles considera ormai segnato il destino della Grecia di trasformarsi in immenso campo profughi dove tra pochi mesi potrebbero trovarsi bloccate anche centomila persone rifugiati.
E’ la prima volta che in Europa si pensa a un piano per affrontare un’emergenza umanitaria ormai alle porte. I finanziamenti stanziati andranno principalmente alla Grecia ma solo una parte potrà essere gestita dal governo. La fetta più grande verrà destinata invece alle organizzazioni umanitarie, dell’Onu ma non solo, impegnate già oggi nel dare assistenza ai migranti.

Per quanto un aiuto economico, soprattutto se destinato a un paese in forte crisi come la Grecia, sia comunque importante, la decisione che verrà presa oggi dalla Commissione presieduta da Jean Claude Juncker può significare anche che Bruxelles ha capito che non riuscirà a imporre la sua volontà a quei paesi che si sono già detti contraria ad accogliere quote di migranti. A partire da Polonia, Ungheria, repubblica Ceca e Slovacchia, per finire con i balcanici. Proprio la decisione di quest’ultimi di limitare gli ingressi di profughi a un massimo di 580 al giorno, e la conseguente chiusura della frontiera da parte di Skopje, ha contribuito non poco a far crescere le tensioni culminate due giorni fa con gli scontri tra migranti e polizia alla frontiera greco-macedone.
E non è neanche detto che l’annuncio fatto ieri da Bruxelles soddisfi Atene. Da giorni Alexis Tsipras va infatti ripetendo che l’Unione europea deve prima di tutto rispettare gli impegni presi sulla ricollocazione dei migranti, proprio come lui sta rispettando gli impegni assunti sul piano del risanamento economico. Una richiesta che il premier greco ha ribadito due giorni fa parlando al telefono con Juncker e ripetuto anche ieri in un’intervista televisiva.
Che la situazione ormai potrebbe precipitare in un qualsiasi momento ne è convinta anche l’Unhcr, l’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, che ieri si è appellato a Bruxelles perché non perda altro tempo. «L’Europa è oggi sull’orlo di una crisi umanitaria che in gran parte i è autoindotta», ha detto ieri l’organizzazione che collabora con il governo all’allestimento di nuovi campi profughi. Una corsa contro il tempo e con il numero dei rifugiati che aumenta di giorno in giorno. A Idomeni, alla frontiera con la Macedonia, ieri sera si contavano 9.500 persone, almeno 1.000-1.500 delle quali costrette a dormire all’aperto per mancanza di tende. Due nuovi campi sono stati aperti non distanti dal confine a Nova Kavala e Cherso. Sono 25.000 invece, i migranti e i rifugiati presenti in Grecia. L’Unhcr ha messo a punto con il governo un piano che dovrebbe garantire fino a 100 mila posti, proprio previsione di quanto potrebbe accadere nelle prossime settimane. Nel frattempo si aspetta il vertice del prossimo 7 marzo quando i leader del 28 incontreranno a Bruxelles il premier turco Ahmet Davutoglu. Nella speranza che sia lui a trovare una soluzione al problema dei migranti.