La Giornata della Memoria, come tutti i momenti di commemorazione rischia di diventare una giornata come le altre. Non è e non deve essere così. Ricordare lo scempio che il nazifascismo ha fatto subire a milioni di persone è un problema di civiltà che non ha a che fare con le esigenze belliche. Perché quel che è successo non era volontà di qualche esagitato, ma un disegno preciso ordito da una civiltà, colta, raffinata, nato in un paese europeo che ha fornito musicisti, filosofi, scienziati e che ha finito per trasformarsi in abisso per tutti gli altri. Perché l’orrore non era negli ordini impartiti, ma nei milioni di piccoli grandi esecutori di quegli ordini, pronti a trarne profitto come la società tessile delle SS che raccoglieva le divise dei morti per riciclarle e rivenderle per i nuovi internati. Perché gli abitanti dei paesi e delle cittadine confinanti con i campi hanno beneficiato del lavoro di schiavi destinati a soccombere. Perché aziende tedesche hanno prosperato, non sulla guerra, ma sullo sterminio, come la IG Farben (un consorzio comprendente Agfa, Basf, Bayer e Sanofi), produttrice dello Zyklon B, oltre che sfruttatrice del lavoro schiavizzato dei prigionieri. E allora vale la pena andare a ripescare materiali documentari che permettono di rivedere quel che è successo nei campi di sterminio.

UNO DEI PRIMI lavori è Memory of the Camps (si può vedere su You Tube anche in versione italiana), documentario inglese realizzato a caldo nel 1945 da Sidney Bernstein sulla base dei materiali girati dai britannici in occasione della liberazione del campo di Bergen Belsen, poi integrato con riprese effettuate in altri campi di sterminio. Bernstein, amico di Hitchcock, lo coinvolge nel progetto in cerca di idee e il regista ne suggerisce un paio, sul montaggio e sulla necessità di mostrare quanto i campi fossero adiacenti alle cittadine tedesche. Il lavoro comincia, ma viene poi abbandonato per due ordini di motivi: nessun paese voleva ospitare gli ebrei europei e la Gran Bretagna aveva qualche problema con il flusso che andava in Palestina, all’epoca sotto suo controllo; inoltre l’orrore che viene mostrato viene ritenuto talmente forte da dover essere accantonato per non istigare sentimenti antitedeschi.

COSÌ IL FILM viene archiviato. Verrà ritrovato molto tempo dopo con agghiacciante proiezione pubblica al Festival di Berlino nel 1984. Sulle vicende di questo materiale e sulle sue vicissitudini politiche e di opportunità torna poi un altro lavoro: Night Will Fall di Andre Singer. Qui grazie a interviste a sopravvissuti (tra cui Branko Lustig, produttore di Schindler’s List) e testimoni viene ricostruita la storia di quel film «perduto», integrato con altri materiali. Lo si può vedere in streaming su Discovery (purtroppo con indegne interruzioni pubblicitarie).

Un terzo documento filmato porta in un’altra direzione rispetto alla tremenda testimonianza visiva dell’orrore dei campi, si tratta di Anne Frank- Vite parallele (visibile su Raiplay) di Anna Migotto e Sabine Fedeli con Helen Mirren che legge alcuni brani dell’intenso e lucido diario di una ragazzina ebrea segregata e nascosta per due anni prima di finire comunque per morire a Bergen Belsen, il tutto alternato alle immagini di una giovane che visita i vari memoriali sparsi per l’Europa e alle testimonianze di giovani donne sopravvissute allo sterminio. Qui siamo lontani dal raccapriccio e dai momenti a tratti insostenibili provocati dalle immagini dei campi, siamo in un ambito più riflessivo sulle vite stroncate, sulle speranze soffocate, sul talento azzerato e sulla stupefacente capacità di analisi e di racconto che Anne ha fatto nel suo diario attraverso le lettere all’amica immaginaria Kitty, con quel sussulto magnifico legato al primo bacio dato a Peter anche lui rinchiuso in quello spazio rimediato di Prinsengracht 263 che avrebbe dovuto salvare loro la vita. Quello spazio, oggi visitabile nel pieno centro di Amsterdam, è stato ricostruito fedelmente dai tecnici del Piccolo Teatro così come era, perché oggi l’originale è uno spazio vuoto di pura testimonianza.

RICORDARE quindi, perché, come recita il testo russo di Memory of the Camps, legato alla liberazione di Auschwitz Birkenau «Se l’umanità non impara da ciò che queste immagini hanno da insegnare, andrà incontro alle tenebre».