La politica agricola del New Deal, negli Stati Uniti, fu il risultato di un inebriante mix di lotte di classe e inquiete alleanze. Oggi il Green New Deal si pone una sfida diversa: dovrà coagulare un’alleanza alternativa al sistema dominante dell’agricoltura contemporanea, per dare vita a un sistema alimentare più giusto e sostenibile.
L’attuale sistema alimentare sta distruggendo il pianeta. Quasi un quarto dei gas serra antropogenici sono determinati dal modo in cui mangiamo ed è impossibile affrontare i cambiamenti climatici senza trasformare l’agricoltura.

Per questo il Green New Deal punta a un sistema alimentare più sostenibile, capace di garantire l’accesso universale al cibo sano. Ma il cibo sano è molto più costoso e inaccessibile, rispetto agli alimenti industriali trasformati. Se il Green New Deal riuscirà ad aiutare gli americani a mangiare meglio, più denaro potrebbe fluire in agricoltura. E se il governo degli Stati Uniti capisse che un terreno ben coltivato riduce le emissioni di carbonio, e pagasse meglio la produzione di cibo salutare, l’agricoltura sostenibile potrebbe mettere fine alla povertà rurale in America.

Gli agricoltori e gli attivisti dei movimenti sociali rurali americani hanno partecipato con entusiasmo alla stesura del Green New Deal, hanno condiviso le sue opportunità per le aziende agricole familiari, e le sue potenzialità a favore del ripopolamento rurale, di nuovi modelli per il prezzo dei prodotti agricoli, di un’agricoltura rispettosa del clima. Tutte le loro idee si pongono contro quello che il filosofo italiano Antonio Gramsci chiamava «egemonia». L’idea centrale nelle riflessioni di Gramsci sull’egemonia è che esista un blocco storico, una coalizione di pensiero mainstream che autorizza e controlla un ordine sociale dominante. Il potere, nel contesto di questo blocco, va al di là della forza bruta per gestire il suo controllo: cerca di fissare l’asticella del suo dominio a livello di buon senso, progettando le idee di riferimento su ciò che è socialmente accettabile e ciò che è off. Il blocco storico dominante negli Stati Uniti di oggi è composto da proprietari terrieri, società di combustibili fossili, fabbricanti di guerra, giganti della tecnologia, mezzi di comunicazione, società di gestione della sanità, industriali, monopolisti e finanziatori, ma coinvolge anche la leadership culturale di riferimento per fasce di lavoratori e agricoltori. Per questo la riflessione critica sul Green New Deal, prima di tutto, è un indicatore di questa egemonia del blocco, e il successo del Green New Deal dipenderà dalla ridefinizione di questo pensiero comune. Riscrivere il buon senso significa disfare le alleanze che l’attuale blocco cerca di mantenere, significa trovare le linee di faglia che possono smantellare quel blocco e sviluppare le sinergie e i collegamenti operativi per costruire un blocco contro-egemonico. Qual è oggi l’alternativa all’agricoltura industriale? Le aziende agricole su piccola scala producono oltre il 75% della maggior parte delle materie prime alimentari nell’Africa sub-sahariana, nell’Asia sud-orientale, nell’Asia meridionale e nella Cina, con una produttività relativamente elevata nelle aziende agricole più piccole che riflettono il ritorno ai saperi, all’abilità manuale e alle tecniche di coltivazione degli agricoltori che gestiscono quella terra.

Il mondo ha bisogno di implementare l’agricoltura urbana e peri-urbana con sistemi agricoli sostenibili. Il Green New Deal potrebbe realmente trasformare il sistema alimentare.

Dal punto di vista agricolo, non c’è nulla che possa riunire gli agricoltori come un odio del monopolio. Gli agricoltori sono sempre stati spinti a impegnarsi contro le concentrazioni di potere del mercato e talvolta sono riusciti a combattere e vincere. Perché il Green New Deal possa funzionare nel 21° secolo, i redditi di tutti devono aumentare. Coltivare il cibo in modo giusto e sostenibile è costoso. Anziché ridurre i costi dell’agricoltura per rendere il cibo abbastanza economico, imponendo agli operai urbani salari stagnanti, dobbiamo fare in modo che tutti i cittadini possano permettersi il cibo prodotto in modo sostenibile.

I consumatori devono essere in grado di pagare le conoscenze agricole e la riduzione delle emissioni di carbonio connesse all’agricoltura sostenibile e a un’agroecologia a basso input, fatta di energia rinnovabile, finalizzata a produrre alimenti freschi non trasformati, organizzata in fattorie gestite da chi vuole lavorare la terra. Per questo gli agricoltori e i lavoratori agricoli devono essere pagati equamente e apprezzati per il loro lavoro. Proprio come negli anni del New Deal, viviamo in un periodo che potrebbe proiettarci nel pensiero unico, nel razzismo, nella divisione in classi. Il Green New Deal può imparare dai successi e dai fallimenti dei tentativi precedenti, che hanno prodotto un drammatico cambiamento economico nell’America rurale.

La protezione dell’ambiente e il salario equo per il lavoro delle persone può incidere nell’arginare il potere delle multinazionali, creando una società giusta per tutti. Questa volta, gli agricoltori sostenibili non dovranno essere costretti a scegliere fra responsabilità verso la terra e responsabilità verso le comunità di cui fanno parte.
Una vita migliore attraverso l’agricoltura sostenibile non potrà avvenire che attraverso la costruzione di un buon senso comune, un blocco contro-egemonico in un mondo capace di fare rete per ridurre le emissioni sul pianeta, e garantire l’accesso al cibo sano.