La delegazione del Pd – formata dal «reggente» Martina, il presidente Orfini e i due capigruppo alle camere Delrio e Marcucci – oggi sale al Quirinale per rappresentare la posizione del partito: nessuna partecipazione a nessun governo con i «vincenti», anticipa Lorenzo Guerini, «rappresenteremo qualcosa che è nei fatti: la nostra distanza politica, culturale e programmatica da Lega e 5 Stelle è abissale». Il Pd è unito anche nel respingere i tentativi di Di Maio di «usarci come secondo forno per alzare il prezzo nelle trattative con la Lega». Ma l’unità del Pd è solo apparente e finirà appena la «delegazia» scenderà giù dal Colle. Orlando e Franceschini sono pronti a chiedere la riunione dei gruppi parlamentare per ridiscutere la linea dell’«opposizione a prescindere». Lo hanno già fatto prima delle consultazioni, sono stati respinti. Non che nessuno nel Pd voglia fare «da stampella» a un eventuale governo a 5 stelle. Completata questa liturgia, però, il fronte anti-renziano vuole trovarsi pronto nel caso di fallimento dell’ipotesi giallo-verde e dell’avanzare di un’idea di un esecutivo con «tutti dentro», caldeggiata anche indirettamente dal Colle. Quindi oggi il Pd si gode le sue poche ultime ore di tregua, in attesa della nuova tempesta.

INTANTO RENZI dà il via libera alla candidatura di Maurizio Martina segretario del Pd. «Sono pronto a fare la mia parte», « in coerenza con il lavoro da reggente». L’assemblea nazionale si terrà il 21 aprile. Ufficialmente non si sa, ma i numeri stanno ancora dalla parte di Renzi: dunque l’assemblea non aprirà un congresso con primarie e congressi di circolo, ma eleggerà direttamente il nuovo segretario come fece nel 2008 con Franceschini e nel 2013 con Epifani.

L’ANNUNCIO DEL «REGGENTE» arriva con un incolore post su facebook dove propone al Pd una ripartenza «dai temi della giustizia sociale e da una idea forte di partito come comunità di destino». E chi potrebbe rispondere di no? Ma il generico rilancio del partito, insieme a un altrettanto generico appello alla «collegialità» è il massimo di unità che il Pd oggi può permettersi.

NON TUTTI I RENZIANI sono rassegnati alla segreteria-ponte dell’ex ministro dell’agricoltura. «Dovremmo andare con un nostro candidato», lamenta un dirigente dem a Montecitorio. Ma l’ex leader ha deciso che non è questo il momento della «remuntada». Graziano Delrio, uno dei papabili, ha ufficialmente dichiarato la sua indisponibilità alla corsa, e alla fine è sfumata anche l’alternativa Lorenzo Guerini. Sabato prossimo a Roma Matteo Richetti ha lanciato un appuntamento contro «il rischio di estinzione del Pd». Era, forse, anche il lancio della sua candidatura, ma la sua idea era di correre con le primarie. Idea che oggi buona parte gruppo dirigente giudica «surreale».

ANCHE NELLA MINORANZA orlandiana la ricerca di un candidato non ha fin qui avuto successo. Il presidente del Lazio Zingaretti sarebbe disponibile, ma anche lui con le primarie e un «congresso vero». Così anche a questa parte non resta che rassegnarsi a Martina, almeno per una fase transitoria. Del resto il reggente-candidato fa un’apertura a Walter Veltroni, che sul Corriere ieri ha attaccato chi vuole andare «oltre il Pd». «Penso che il tema non sia andare oltre il Pd, ma rilanciarne con forza la missione», scrive Martina.

ANDARE «OLTRE IL PD» è il progetto di Matteo Renzi. Lo svela Sandro Gozi in un’intervista all’Huffington post in buona parte ispirata ai ragionamenti del senatore di Lastra a Signa: «Bisogna andare oltre il Pd e costruire da subito un’alleanza progressista ed europeista con En Marche, portandosi anche gran parte del Pse. Il Pd ne deve parlare già ora all’assemblea nazionale di aprile». Il sottosegretario aveva anticipato la questione già alla vigilia di Pasqua a Radio Radicale: un segnale d’allarme sulla possibilità che fosse il M5S a saldarsi con il progetto europeista del presidente francese: «Ora Macron guarda soprattutto al dialogo con il Pd, ma se il Pd sta fermo», aveva avvertito Gozi, «nessuno può impedire a En Marche di guardare altrove».

LE EUROPEE DEL 2019: sarebbe la data migliore per Renzi per rilanciare la sua idea «oltrista». Quella esposta per sommi capi un inconsapevole Gozi che però suscita malumori nella componente ex Ds: anche quella più vicina a Renzi, memore di un altro sfortunato «oltrismo», l’«andare oltre» predicato da Occhetto dopo la svolta della Bolognina all’inizio degli anni 90. Un poco incoraggiante déjà vu per gli amanti del genere? Niente di tutto questo, assicura un dirigente ex Ds: «Su questo Gozi rappresenta Gozi». Ma non è detto che all’assemblea non se ne inizi a parlare davvero.