Ripartire dal Mediterraneo per costruire il futuro dell’Europa, come auspicato ieri nel vertice Euro-Med, significa prima di tutto provare a cambiare alcune regole e comportamenti che finora hanno condizionato l’Ue. Regole e comportamenti giudicate troppo rigide dai capi di stato e di governo che si sono incontrati ad Atene. Un giudizio che vale per i temi economici, ma anche per l’immigrazione.

Su quest’ultimo punto Alexis Tsipras ieri è stato chiaro e ha ripetuto quanto va sostenendo da tempo. Di fronte alla crisi dei migranti «la Grecia ha fatto la sua parte, il resto dell’Europa no». Un’accusa che il premier greco ha rivolto a tutti quei Paesi che, mossi solo da egoismi nazionali, finora hanno ostacolato il ricollocamento dei profughi da Grecia e Italia e condivisa da Matteo Renzi che, come Tsipras, ha rivendicato di aver fatto i compiti assegnati a suo tempo da Bruxelles (a partire dalla creazione degli hotspot e dall’identificazione dei migranti sbarcati sulle coste italiane) senza però aver ricevuto il promesso trasferimento dei profughi.

Il vertice che ha riunito ieri nella capitale greca i leader di Italia, Francia, Malta, Cipro, Portogallo e Grecia, oltre al viceministro spagnolo per gli Affari europei (e che vedrà oggi un seguito sempre ad Atene con il summit dei ministri per gli affari europei al quale parteciperà il sottosegretario Sandro Gozi) , è servito quindi a fare il punto sulle inadempienze dell’Unione europea ma soprattutto a dar vita a un fronte comune in vista del vertice informale che il 16 settembre si terrà a Bratislava. Vertice che non sarà una passeggiata come sanno tutti, al punto che i vari schieramenti stanno già affilando le armi. La questione delle quote sarà infatti una di quelle che terranno banco, con il blocco dei paesi dell’est contrari alla ripartizione obbligatoria dei profughi e decisi a non cedere di un millimetro. Tanto che su questo Ungheria e Slovacchia hanno già fatto ricorso alla Corte di giustizia europea e Budapest ha organizzato un referendum per il 2 ottobre.

La costituzione di un blocco dei paesi del Mediterraneo (in Germania già etichettato «Club Med»), servirebbe quindi a fare da contraltare all’altro blocco costituito da Ungheria, Cechia, Slovacchia e Polonia – al quale ultimamente si è accodata l’Austria – alla ricerca di un maggior peso all’interno della stessa Unione europea. Con, in mezzo, una Germania divisa tra il mantenimento della linea dura per quanto riguarda le questioni economiche e la convinzione che Italia e Grecia non possano più mantenere da sole tutto il peso della crisi dei migranti.

Del resto, in un’intervista apparsa ieri su Le Monde, Tsipras ha ribadito come il destino dei milioni di uomini, donne e bambini che fuggono da guerre e miseria non si possa ridurre a una pura questione locale. «La crisi dei migranti non né europea né greca, è mondiale», ha detto il premier greco. «L’Europa deve dare prova di solidarietà e dividere concretamente questo peso. E’ inammissibile vedere che su 33 mila ricollocamenti di rifugiati previsti nel 2016, soltanto 3.000 hanno avuto realmente luogo. E’ inammissibile anche che dei paesi erigano dei muri alle nostre frontiere». Da Atene è partita la sfida. La prossima settimana a Bratislava si vedrà chi l’avrà vinta.